Massimo Cacciari come un influencer qualsiasi. La tv uccide i filosofi
Cacciare Cacciari e la Critica della facoltà di Giudizio
Ormai sembra un attore consumato che interviene nei telegiornali finti come nel cinema satirico anni settanta, ha lo sguardo sofferente e annoiato di chi non si spiega perché quei poveracci ignoranti in studio non hanno capito, continuano a non capire. Il Professore, non si è fatto mancare nulla nella sua lunga vita (è sui 75 anni), sindaco per 13 anni nella sua Venezia, Deputato, ed Eurodeputato oltre ad essere candidato a guidare l'Ulivo, e la Regione Veneto, in tutto trenta anni di cariche politiche.
Ora il problema non è riuscire a capire i suoi pesantissimi tomi, che pubblica con una velocità spaventosa, perché il "Kant del Canal" non riesce a comunicarci non solo il suo luminoso magistero filosofico ma, molto più prosaicamente, il suo basso pensiero politico. In democrazia nessuno dovrebbe auto-relegarsi in cattedra, perché nessuno ha il diritto di negare qualche deficienza anche al pensiero più alto, geniale, e qui siamo molto lontani da queste vette, e mi riferisco soprattutto alla decennale partecipazione alla "Lotta Politica".
La televisione uccide i filosofi, perché li rende figurine rabbiose e inconcludenti al pari di un influencer qualsiasi, li tritura nel nulla poli-sensoriale che giunge all'incolto teledipendente medio, ed è capace di mandare al macero istantaneamente le migliaia di pagine preziose stampate prima di diventare un personaggio qualsiasi, di un talk-show qualsiasi. Le urla scomposte alla Vittorio S., condite di vergogna, vergogna, sono un punto di non ritorno nella Critica del Giudizio, perché rappresentano tutto e il contrario di tutto cioè: niente, un vuoto politico, il deserto del logos, è prendere tempo in attesa di documentarsi. Non basta avere la faccia giusta, emaciata e vestirsi fintamente trasandati per diventare Giusti, per dare ancora lezioni quando niente intorno ci giustifica, quando viviamo ad un passo dall'abisso, ma il Professore dimentica che queste condizioni drammatiche ha contribuito a determinarle, sia pure col perfetto disprezzo del confronto, della dialettica (di cui dovrebbe essere maestro riconosciuto) e ancor più con la Crisi della Ragione di cui è il più accreditato cantore.
Non riusciremo mai a capire quale potrebbe essere il suo programma, il suo progetto, di cosa parla e per chi, perché il filosofo non deve mai giustificarsi, spiegare, chiosare, ma in questo caso affermare verità assolute che allignano in territori mentali a noi sconosciuti, segreti, e poi il volgo digitale non sarebbe attrezzato per poter ricevere il Verbo Splendente dell'Eletto. Se ne faccia una Ragione caro Professore, se usa uno strumento nichilista come la TV il risultato non potrà essere che ingrossare la schiera di commentatori a gettone che devono tener compagnia alla Sora Lilly, tutte le sere, prima o dopo il brodino e la pastina. L'effetto è quello, con l'incazzatura finale che sembra concordata e quindi la sorpresa scema, e ci sembra di sentirlo dopo aver finito l'invettiva flebile, chiedere al tecnico in studio: "Toni, come sono andato?".
Commenti