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Il buono, il brutto e il cattivo
Cdx, con Toti rinascono i moderati: è lui il contrappeso di Salvini

Che Giovanni Toti, classe 1968, giornalista per vocazione, politico per passione, sia uomo schietto e poco propenso ai melensi discorsi di tattica politica, è cosa risaputa, e forse è proprio per questo che piace più alla gente comune che alle alte sfere della politica. Fin dai suoi esordi in politica, quando Berlusconi lo volle come suo consigliere personale, con il chiaro intento di farne un suo delfino, il coriaceo viareggino (anche se cresciuto a Marina di Massa), figlio di albergatori, ha subito mostrato il suo carattere poco incline alla sudditanza, anche di fronte ai paludati vertici forzisti. 

L’ex premier, da tempo alla ricerca di un suo sostituto di facciata, perché ancora molto poco propenso a passare la mano, malgrado i raggiunti limiti di eta e la continua perdita di consenso per Forza Italia, decise di affidare proprio a lui e a Mara Carfagna ( le due voci più critiche all’interno del partito) le chiavi del partito. Il suo intento probabilmente era quello di avere una sorta di suo surrogato da manovrare facilmente, in piena operazione gattopardesca. Ma Silvio evidentemente commise lo stesso errore, che molti fanno con il “moderato” Toti, e cioè quello di sottovalutarlo.

La sua permanenza come coordinatore, proprio perché aveva subodorato  la “trappola” di una manovra più di forma che di sostanza, durò poco più di due mesi, dal Giugno 2019 all’Agosto dello stesso anno, quando sbattendo la porta salutò  il suo sodale, dando vita al suo partito “ Cambiamo”, molto evocativo già nel nome sulle reali intenzioni del nostro. Già perché Toti non è uno che si accontenta di quello che ha, e che cura il proprio orticello, stando attento a non disturbare troppo il manovratore.

Non è nella sua natura e nel suo carattere. Anche se in pochi anni di impegno politico di strada ne ha già fatta parecchia. Nato politicamente nel 2014, come consigliere personale di Silvio Berlusconi, infatti, ha saputo presto togliersi di dosso l’etichetta del raccomandato, un po' tonto e destinato a diventare una delle meteore che hanno per qualche stagione frequentato l’entourage berlusconiano.

Ha scalato in poco tempo i vertici del partito, diventando una delle voci più autorevoli ed ascoltate. Alla prima occasione elettorale in cui si candida, le elezioni europee del 2014, fu, con 148.291 preferenze, il forzista più votato. Ma la sua avventura a Bruxelles è durata solo un anno, perché nel 2015 accetta la candidatura alle regionali in Liguria ( che molti davano per disperata) e in barba a tutti i pronostici, conquista con il 34,4% la presidenza della Regione, sconfiggendo la pieddina Raffaella Paita e il 5 stelle Alice Salvatore.

Toti ha amministrato la Liguria con piglio ed autorevolezza, riuscendo per esempio ad imporre a tutto il centrodestra la candidatura di quel Mario Bucci a sindaco di Genova, che è risultata una scelta quanto mai azzeccata, alla luce di quello che il sindaco ha fatto in qualità di commissario per la ricostruzione del Ponte Morandi. La sua riconferma a Governatore era certo scontata, ma nessuno poteva immaginare un trionfo di simili proporzioni e soprattutto un successo cosi netto della sua lista personale, che col 22,6% è risultata la prima lista della coalizione.

Questo dimostra come il presidente della Liguria abbia saputo mettere in pratica quella che è la sua idea di una nuova politica più attenta ai fatti che alle parole, che metta da parte da parte le liturgie della politica della prima e della seconda repubblica, e guardi alla sostanza delle cose, rischiando magari la  marginalizzazione, ma che lo rendono libero e slegato dalle rigide logiche di partito. Non a caso proprio questa sua attitudine lo ha portato ad abbandonare un porto ancora tutto sommato sicuro ( almeno fino a che lui è rimasto dentro) come quello di Forza Italia , per avventurarsi in una solitaria cavalcata che lo ha portato al risultato storico delle regionali.

E questo forse lo ha reso più forte e consapevole delle sue aspirazioni, che rimangono alte e puntano comunque a Roma, inutile negarlo. Il suo vero obiettivo, non si quanto realizzabile o meno, sarebbe quello di riempire quel vuoto dei moderati, che lo sfacelo di Forza Italia ha creato e che Lega e Fdi non sono ancora riusciti ad intercettare appieno. Ed è proprio in questa ottica che va inteso l’attacco frontale rivolto all’indomani del voto, al leader della Lega, invitandolo a pensare meno al partito e più alla coalizione.

D’altra parte anche se in maniera molto meno diretta è la stessa critica giunta a Salvini da parte della stessa Meloni, che non a caso appare da sempre sicuramente più attenta agli interessi della coalizione, rispetto al suo omologo leghista. Dal palazzo della presidenza della Regione Liguria, nella centralissima Piazza de Ferrari a Genova, Toti sarà sicuramente un pungolo costante per quelli che considera i suoi naturali alleati ella coalizione di centrodestra.

D’altra parte da queste Regionali molti commentatori hanno fatto notare come, in molti casi, abbiano contato sull’esito finale del voto, più le forti personalità di alcuni governatori come  appunto Toti, De Luca, Emiliano e sopratutto Luca Zaia, che gli stessi partiti che li appoggiavano. Ecco allora che il fatto che Toti da mesi abbia iniziato una fitta serie di contatti diretti con Luca Zaia, potrebbe essere un chiaro segnale verso un percorso politico piu ampio, che porta diretto a Roma, dove molti vedrebbero proprio Zaia, come prossimo segretario leghista e chissà magari poi premier.

Meglio  allora portarsi avanti col lavoro e tessere le alleanze giuste per tempo. La praticità dell’uomo, d’altro canto, per chi lo conosce bene è riconosciuta da tutti, anche dagli stessi avversari. I liguri lo amano, malgrado il loro cuore storicamente batta a sinistra. Il suo carattere rassicurante ha avuto il pregio di farlo amare da chi per sua natura è piuttosto schivo con i foresti e poco propenso a fidarsi del prossimo.

Ne ha fatta di strada, da quando Silvio Berlusconi ad Arcore gli propose il posto di consigliere politico personale, e lui stesso ama ricordare che il miglior consiglio che diede a Silvio forse fu proprio quello di proporre ,ad un riottoso Salvini, il suo nome per la candidatura di centrodestra per le regionali liguri del 2015, al posto del leghista Edoardo Rixi ( che non a caso è stato il primo a criticare duramente Toti per le critiche al leader leghista “ Se non fosse per Matteo ora lui non sarebbe li”). Quella volta il consiglio fu ascoltato e portò bene, chissà se adesso il Matteo nazionale vorrà nuovamente dare fiducia al neo “Mazarino” in salsa italiana.

vcaccioppoli@gmail.com

 

 

Che Giovanni Toti, classe 1968, giornalista per vocazione, politico per passione, sia uomo schietto e poco propenso ai melensi discorsi di tattica politica, è cosa risaputa, e forse è proprio per questo che piace più alla gente comune che alle alte sfere della politica. Fin dai suoi esordi in politica, quando Berlusconi lo volle come suo consigliere personale, con il chiaro intento di farne un suo delfino, il coriaceo viareggino (anche se cresciuto a Marina di Massa), figlio di albergatori, ha subito mostrato il suo carattere poco incline alla sudditanza, anche di fronte ai paludati vertici forzisti. 

L’ex premier, da tempo alla ricerca di un suo sostituto di facciata, perché ancora molto poco propenso a passare la mano, malgrado i raggiunti limiti di eta e la continua perdita di consenso per Forza Italia, decise di affidare proprio a lui e a Mara Carfagna ( le due voci più critiche all’interno del partito) le chiavi del partito. Il suo intento probabilmente era quello di avere una sorta di suo surrogato da manovrare facilmente, in piena operazione gattopardesca. Ma Silvio evidentemente commise lo stesso errore, che molti fanno con il “moderato” Toti, e cioè quello di sottovalutarlo.

La sua permanenza come coordinatore, proprio perché aveva subodorato  la “trappola” di una manovra più di forma che di sostanza, durò poco più di due mesi, dal Giugno 2019 all’Agosto dello stesso anno, quando sbattendo la porta salutò  il suo sodale, dando vita al suo partito “ Cambiamo”, molto evocativo già nel nome sulle reali intenzioni del nostro. Già perché Toti non è uno che si accontenta di quello che ha, e che cura il proprio orticello, stando attento a non disturbare troppo il manovratore.

Non è nella sua natura e nel suo carattere. Anche se in pochi anni di impegno politico di strada ne ha già fatta parecchia. Nato politicamente nel 2014, come consigliere personale di Silvio Berlusconi, infatti, ha saputo presto togliersi di dosso l’etichetta del raccomandato, un po' tonto e destinato a diventare una delle meteore che hanno per qualche stagione frequentato l’entourage berlusconiano.

Ha scalato in poco tempo i vertici del partito, diventando una delle voci più autorevoli ed ascoltate. Alla prima occasione elettorale in cui si candida, le elezioni europee del 2014, fu, con 148.291 preferenze, il forzista più votato. Ma la sua avventura a Bruxelles è durata solo un anno, perché nel 2015 accetta la candidatura alle regionali in Liguria ( che molti davano per disperata) e in barba a tutti i pronostici, conquista con il 34,4% la presidenza della Regione, sconfiggendo la pieddina Raffaella Paita e il 5 stelle Alice Salvatore.

Toti ha amministrato la Liguria con piglio ed autorevolezza, riuscendo per esempio ad imporre a tutto il centrodestra la candidatura di quel Mario Bucci a sindaco di Genova, che è risultata una scelta quanto mai azzeccata, alla luce di quello che il sindaco ha fatto in qualità di commissario per la ricostruzione del Ponte Morandi. La sua riconferma a Governatore era certo scontata, ma nessuno poteva immaginare un trionfo di simili proporzioni e soprattutto un successo cosi netto della sua lista personale, che col 22,6% è risultata la prima lista della coalizione.

Questo dimostra come il presidente della Liguria abbia saputo mettere in pratica quella che è la sua idea di una nuova politica più attenta ai fatti che alle parole, che metta da parte da parte le liturgie della politica della prima e della seconda repubblica, e guardi alla sostanza delle cose, rischiando magari la  marginalizzazione, ma che lo rendono libero e slegato dalle rigide logiche di partito. Non a caso proprio questa sua attitudine lo ha portato ad abbandonare un porto ancora tutto sommato sicuro ( almeno fino a che lui è rimasto dentro) come quello di Forza Italia , per avventurarsi in una solitaria cavalcata che lo ha portato al risultato storico delle regionali.

E questo forse lo ha reso più forte e consapevole delle sue aspirazioni, che rimangono alte e puntano comunque a Roma, inutile negarlo. Il suo vero obiettivo, non si quanto realizzabile o meno, sarebbe quello di riempire quel vuoto dei moderati, che lo sfacelo di Forza Italia ha creato e che Lega e Fdi non sono ancora riusciti ad intercettare appieno. Ed è proprio in questa ottica che va inteso l’attacco frontale rivolto all’indomani del voto, al leader della Lega, invitandolo a pensare meno al partito e più alla coalizione.

D’altra parte anche se in maniera molto meno diretta è la stessa critica giunta a Salvini da parte della stessa Meloni, che non a caso appare da sempre sicuramente più attenta agli interessi della coalizione, rispetto al suo omologo leghista. Dal palazzo della presidenza della Regione Liguria, nella centralissima Piazza de Ferrari a Genova, Toti sarà sicuramente un pungolo costante per quelli che considera i suoi naturali alleati ella coalizione di centrodestra.

D’altra parte da queste Regionali molti commentatori hanno fatto notare come, in molti casi, abbiano contato sull’esito finale del voto, più le forti personalità di alcuni governatori come  appunto Toti, De Luca, Emiliano e sopratutto Luca Zaia, che gli stessi partiti che li appoggiavano. Ecco allora che il fatto che Toti da mesi abbia iniziato una fitta serie di contatti diretti con Luca Zaia, potrebbe essere un chiaro segnale verso un percorso politico piu ampio, che porta diretto a Roma, dove molti vedrebbero proprio Zaia, come prossimo segretario leghista e chissà magari poi premier.

Meglio  allora portarsi avanti col lavoro e tessere le alleanze giuste per tempo. La praticità dell’uomo, d’altro canto, per chi lo conosce bene è riconosciuta da tutti, anche dagli stessi avversari. I liguri lo amano, malgrado il loro cuore storicamente batta a sinistra. Il suo carattere rassicurante ha avuto il pregio di farlo amare da chi per sua natura è piuttosto schivo con i foresti e poco propenso a fidarsi del prossimo.

Ne ha fatta di strada, da quando Silvio Berlusconi ad Arcore gli propose il posto di consigliere politico personale, e lui stesso ama ricordare che il miglior consiglio che diede a Silvio forse fu proprio quello di proporre ,ad un riottoso Salvini, il suo nome per la candidatura di centrodestra per le regionali liguri del 2015, al posto del leghista Edoardo Rixi ( che non a caso è stato il primo a criticare duramente Toti per le critiche al leader leghista “ Se non fosse per Matteo ora lui non sarebbe li”). Quella volta il consiglio fu ascoltato e portò bene, chissà se adesso il Matteo nazionale vorrà nuovamente dare fiducia al neo “Mazarino” in salsa italiana.

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