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Il buono, il brutto e il cattivo
Gianrico Carofiglio, il magistrato che volle farsi romanziere

L’impercettibile insoddisfazione di un magistrato che volle farsi romanziere.

Ha scritto 15 romanzi in meno di vent’anni, un caso di bulimia letteraria preoccupante.

Dopo essere stato magistato-deputato e deputato–magistrato, esperto di arti marziali e delicato dicitore nelle buie serate del talkismo italico, Gianrico Carofiglio è diventato una presenza fissa dello schermo, quale antropologo illuminato delle cose della politica e del mondo.

La caratteristica del suo eloquio e la postura lo rendono un uomo affascinante, e si vede che lo sa, e non lo nasconde, sempre molto pacato, apparentemente, ma molto fermo nel manifestare la sua superiorità presunta, attraverso l’uso di un’intelligenza analitica inarrivabile, secondo il suo Ego.

Naturalmente è impossibile intavolare con lui qualsiasi discussione abbia al centro vicende giudiziarie, e di qualsiasi tipo e soprattutto lo sprovveduto interlocutore, meglio se di fazione opposta, potrebbe trovarsi dentro un ring dal quale difficilmente riuscirebbe a sopravvivere, dialetticamente.

Carofiglio non è una figura digitale recente, conosce l’agone politico e quello televisivo, cerca sempre di avere competitor minori, o talmente cialtroni da garantirgli la bella figura, cui non rinuncerebbe neppure sotto la minaccia delle armi.

Tra una sussiegosa filiera di scuse, di distinguo crede di potere dimostrare l’inadeguatezza del resto del mondo e figuriamoci di quattro poveri politici nazi-fascisti.

E’ ovvio che il romanziere-giallista, ma non solo, non deve essere rassicurante e lui ci riesce benissimo, si capisce che ha passato tanto tempo davanti allo specchio per creare il personaggio che oggi è diventato omologo all’autore che l’ha creato.

La sora Lilly lo idolatra e potrebbe chiedergli anche di restaurare l’Ara Pacis, o di dirigere la Nona di Beethoven,perché Lui sa tutto ed è capace di fare qualsiasi cosa, al punto che è diventato un pezzo simbolico della scenografia di uno dei salotti mediatici più inutili e retorici dell’emisfero occidentale.

Ora che, ovviamente, è stato candidato allo Strega, perché Cassese lo ha paragonato a Gadda, oltre Franzen e Mc Cormac, e soprattutto il futuro di Zingaretti (Luca o Nicola fate voi, potrebbe essere meglio di entrambi),comincerà a levitare prima di essere inquadrato nella sua parte migliore,il volto sofferente e malinconico,da uomo “che non deve chiedere mai”.

Nel bestiario nazionale del Terzo millennio, la sua casellina comincia ad essere laminata d’oro, e il Nostro comincia ad essere un co-protagonista della Commediona Italica dove le stelle e stelline della tivvù ammorbano ogni ambito dello scibile una con giudizi apodittici e banali, con soluzioni politiche da cartoni animati e con scenari così prevedibili da sembrare reali.

Lo sconforto che ci prende quando vediamo le facce di Scanzi, Giannini, o addirittura Mieli e Zecchi, è tutto nella capacità di sopportazione dei tele-dipendenti che hanno bisogno di suoni che non necessariamente devono corrispondere a significati, perché la parola è anche questo, ma attraverso lo specchio televisivo diventa interessante,intelligente e colta.

Almeno in quello, anche Carofiglio possiamo definirlo un maestro del pensiero, uniforme e sbiadito, perfettamente al riparo da ogni stupore, da qualsiasi imprevedibilità intellettuale.

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