Morte a Venezia
Nelle immagini che scorrono tragiche sullo schermo, c’è tutta la storia di un paese, di un grande paese che ormai risulta essere incapace di coltivare e di preservare la bellezza e le sue straordinarie memorie di un passato che sembra sempre più passato.
Non c’è nulla in quella Venezia martoriata dall’acqua, da navi gigantesche e da turisti-roditori che meriti l’indulgenza con cui si commentano i fatti, ormai quotidiani, di una barbarie che è inarrestabile come una marea, come quella marea
E’ facile considerare questo scempio come una metafora del declino italico irreversibile, e nel caso di questa ennesima prova di insipienza politica, amministrativa e se mi permettete culturale i responsabili come sempre non pagheranno, si scuseranno, forse esibiranno la pratica del distinguo, mentre la bellezza d’Italia muore.
Sindaci affranti, sindaci in galera, MOSE e Mosè non basteranno a fermare l’onda normale che periodicamente disintegra pezzi del bel Paese, dalla Val di Fiemme, ai sassi di Matera, in un crescendo di inaudita violenza che imputare alle imprevedibili forze della natura sarebbe ridicolo oltre che sarcastico.
Ci vorrebbe Thomas Mann per scrivere il declino, e il disinteresse per il bello che ha trionfato in ogni ganglio della nostra piccola società, dove educazione, mancanza di gentilezza, insipienza stabilizzata e arroganza, occupano militarmente il territorio tra brutalità di ogni genere e nell’evidente incapacità di una classe politica miope e cinica, esclusivamente autoreferenziale.
Venezia ha resistito a ben altri assalti, e dall’alto della sua inarrivabile meraviglia guarderà anche questa volta con aristocratico distacco l’ennesimo assedio dell’ignoranza al potere che si compiace solo della sua incapacità di leggere oltre il proprio tornaconto e questa piccola città conta poco per i grandi numeri dei predatori di sondaggi.
Stupisce anche l’assoluta assenza di indignazione popolare, di silenzio sgomento e dell’incapacità di manifestare la propria rabbia nelle sedi opportune, ma si sa che non siamo mai stati capaci di insurrezioni e rivoluzioni, dunque l’elettorato attenderà che la marea scemi, tanto anche questa sera dovrebbe esserci il Grande Fratello in tivvù.
Tra qualunquismo e indifferenza si perde l’idem sentire, il patrimonio comune da preservare dalle risse gallinacee della politica che erutta a reti unificate, certo la Costituzione, certo il Codice penale, ma la bellezza dovrebbe essere il nostro tesoro condiviso,da vegliare a turno tra tutti i cittadini, da coccolare, il nutrimento più alto, lo scopo ultimo nella banalità quotidiana.
Non siamo solo griffe e chef, Venezia è un pezzo del nostro codice genetico, modificarne pervicacemente la perfezione risulterebbe drammatico per tutta la nazione.
Non possiamo far vincere lo squallore e la bruttezza di tanta violenza, sia essa naturale che artificiale, diamo un segno di vita, combattiamo questa ultima battaglia, insieme, prima di tornare al nulla digitale che ci ha modificato geneticamente.
P.s.: Questo è l’editoriale n° 150 della rubrica "Il buono,il brutto e il cattivo"
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