Pif, Zoro, Lucci, Le Iene, figli di una Carrà minore
Segno dei tempi e di una deriva culturale inarrestabile
I maestri del pensiero della parrocchietta, nuove maschere della commedia italiana contemporanea
Loro stessi, probabilmente guardano increduli le folle oceaniche, che li attendono nelle aule dell’Università, nei dehor dei festival delle letterature (e delle idee), nati quasi tutti come piccoli intrattenitori di discutibile talento si ritrovano nel ruolo scomodo-comodo di “maître à penser”.
Sono tanti, alcuni di breve o medio corso, figli minori di una televisione della semplificazione, ex-qualcosa, oggi editorialisti, pensatori eletti dalle masse al rango degli antichi personaggi che tracciavano il pensiero di un’epoca, che avevano il compito di educare le generazioni.
Zoro, Lucci, Pif ed altri impazzano ovunque, e sempre più spesso analizzano la società, dispensando consigli non richiesti, e trasformando facebook in un salotto letterario che di letteratura e ricerca non ha nulla.
Come è successo per gli editorialisti istantanei che hanno occupato gli spazi lasciati tristemente scoperti dai vecchi giganti.
Non vogliamo sembrare passatisti, ma allora preferiamo la Carrà che intervista il cineasta o il direttore d’orchestra senza saper nulla del primo o del secondo, ma il tuca tuca e il mestiere aiutano.
Non è solo un problema politico, e non è corretto pensare che il comico male in arnese non possa usare toni da tribuno per cercare la notorietà scomparsa,ma è una questione di ruoli,tutto e spostato,alterato,manomesso,contaminato.
Il modesto giornalista della cronaca diventa editorialista,l’ex iena diventa regista, attore, politologo, e probabilmente riceverà la laurea honoris causa, il modesto scrittore di Gomorra continua a credere di essere Roth,De Lillo se non Dostoevskij.
Il presentatore comico,tiene banco per ore sulla politica, sul futuro del mondo, e su come deve essere composto un governo utile.
Per dirla con Falstaff “tutto nel mondo burla”, ma qui il processo di semplificazione ha toccato il fondo, e non è neppure colpa loro, che si ritrovano a dover fare un lavoro sporco che non immaginavano di potere e di saper fare.
A giusta guisa di un paese che non ama il talento, l’eresia, la ricerca del nuovo, la profondità del pensiero, e la complessità dell’analisi, meglio giocare, tra lo sberleffo e lo sgarbo, tra la banalità e la prevedibilità,e comunque la popolarità rende liberi di ignorare tutto il resto del mondo.
Sarà un periodo,ma ormai questa procedura sembra sempre più consolidata e Lucci o altri simpaticoni, finiranno per spiegarci con estrema spocchia da Caravaggio,allo spread,dalla fisica quantistica, alla storia delle crociate, come in una puntata dell’Eredità.
In un paese che legge solo le quarte di copertina dei libri, questi sono i nuovi idoli, uguali e banali come la banalità che li ha prodotti e li protegge,e li proteggerà per sempre dall’assalto dell’intelligenza
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