Non c’è bisogno di ricordare come abbiamo vissuto quest’ultima parte di un’estate troppo diversa per essere ricordata come tutte le altre mille che abbiamo vissuto. Diversa perché l’atmosfera dell’ansia diffusa che necessitava di sfociare in una rincorsa forsennata ad un divertimento che esprimeva un fondo di malinconia era palpabile, evidente. Tutti al mare, sempre e tutti in Italia per cause di forza maggiore: i vip in Costa Smeralda e gli altri a Riccione ma niente sembrava come al solito, come prima perché l’idea di tornare a casa ha moltiplicato le naturali preoccupazioni.
Intanto nessuno conosce esattamente che cosa succederà nelle scuole, e dunque milioni di studenti attendono “le direttive” ma non è certo che qualcosa di accettabile possa portarci a una qualche idea di inizio dell’anno scolastico. I partiti arroccati nei loro fortini cercano occasioni per manifestare sempre maggiori differenze su qualsiasi argomento, non avendo in mente uno straccio di soluzione. La pandemia ha colpito democraticamente ricchi e poveri incrementando il reciproco disprezzo sociale e multimediale, in un gioco dove sembra necessario giungere alla reciproca distruzione, mentre il Paese stenta a ripartire.
E come potrebbe davanti ad una nube di incertezza e sempre in attesa del nubifragio di fine agosto, ora che sarà possibile licenziare e che il Tesoro Europeo arriverà nelle nostre casse con modalità che neppure Mago Merlino potrebbe prevedere. Anche le canzoni, sempre più noiose e prevedibili, i mini-tormentoni estivi sembrano aver superato il limite della sopportazione armonica, neppure la musica riesce a farsi ascoltare, figuratevi il resto.
Le nuove star cliniche rassicurano, i contagi possono essere controllati e “bisogna convivere col mostro” ma intanto ci attende un settembre nero anche nelle più rosee previsioni, e non ci distrarrà di sicuro il voto vendicativo nei confronti della tanto agognata decurtazione dei parlamentari. Perchè 400, non ne bastano 100? Oppure 50? chi può dirlo, anche perché la macchina infernale non è influenzata dai costi degli stipendi onorevoli ma dall’esercito di dirigenti, vice-capi dell’immenso e vuoto palazzo della politica.
È il costo della politica che decide su se stessa, e stabilisce solo per se le regole della sua sopravvivenza. L’estate finisce avvolta in una sequenza infinita di dubbi, tra elezioni regionali sempre in bilico, e candidati sempre più prevedibili perfettamente in linea con l’incapacità partitica di “rappresentare” un ceto qualsiasi, come se il lavoro sporco fosse sempre delegato ai peggiori e forse questo comincia a preoccuparci.
Che autunno sarà per milioni di precari, tra decine di attività che soffrono e intere categorie che rischiano di scomparire ma soprattutto quale genio finanziario potrà trovare una soluzione parziale, temporanea ed accettabile e socialmente non destabilizzante. Lo scontro è aperto ed è evidente che le Istituzioni dal Governo ai Consigli di Zona non sanno più dialogare o trovare una risposta anche alla collocazione di un’aiuola in una periferia qualsiasi, non c’entrano le zone rosse, c’entra la gerarchia e l’autorevolezza ormai dissolte nella confusione e nell’approssimazione.
Naturalmente tutti cercheranno una sponda nel vecchio nonno saggio che sopporta tutte queste assurde scaramucce al Quirinale, ma anche questo incarico finirà presto e saranno altri dolori per la credibilità complessiva di un sistema traballante. Confidiamo sempre nella capacità tutta italiana di risollevarci, di trovare spunti positivi, in fondo siamo abituati al peggio da sempre, e per questo siamo stati abili a produrre il meglio per tutti e nel mondo. É sicuro che ce la faremo anche questa volta.
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