Che strani quei foglietti nelle mani delle due sindachesse
Brave, brave, brave le giovani neosindachesse grilline che hanno sbaragliato due pezzi da novanta del partito democratico come Roberto Giachetti e Piero Fassino. E così adesso le più prestigiose poltrone del Campidoglio e di Palazzo Civico appartengono a Virginia Raggi e Chiara Appendino, esponenti del M5S.
Una vera batosta per il premier Renzi & C ma una vera batosta, a mio modesto parere, anche per il centrodestra, da Forza Italia, alla Lega e ai fratelli d’Italia.
Queste due vittorie dei grillini, assieme a quelle in altri numerosi comuni italiani, si inseriscono infatti come un cuneo tra i due tradizionali schieramenti – centrodestra e centrosinistra – che hanno caratterizzato la politica italiana dall’avvento della seconda Repubblica: e la funzione del cuneo è ben nota a tutti, più si inserisce più sgretola tutto quello che ha attorno. Sopra e sotto, a destra e a sinistra, perciò mi domando se Salvini e la Meloni siano tuttora sicuri di aver fatto una mossa furba convogliando a Roma e a Torino i loro voti sulle candidate del Movimento cinque stelle.
Comunque brave, brave, brave Virginia Raggi e Chiara Appendino. Così, finalmente, vedremo all’opera in due realtà importanti e “difficili” come Roma (soprattutto) e Torino le capacità di governare dell’esercito grillino che, finora, nei comuni che già gli appartengono non è che abbia dato grandi prove di sé, al di là delle dichiarazioni sempre molto trionfalistiche di Di Maio e Di Battista.
E vedremo soprattutto di quanta e quale autonomia queste due giovani signore godranno nell’espletare le loro funzioni di sindaco in un partito che si dichiara molto democratico perché interroga sul web i propri simpatizzanti ma che in realtà è estremamente verticistico: a detta di molti, infatti, alla fin fine, le decisioni le prendono la Casaleggio associati e Beppe Grillo. A me, ad esempio, ha molto colpito che sia Virginia Raggi sia Chiara Appendino, durante la notte del ballottaggio, quando ormai era chiaro a tutti che a Roma e a Torino avevano vinto loro, si siano presentate davanti alle telecamere con un foglietto in mano per esprimere le loro emozioni, la loro gioia e i loro propositi. Soltanto loro hanno letto; gli altri, tutti gli altri, vincitori e sconfitti, da Sala a Parisi, da De Magistris a Lettieri, da Giachetti a Merola sono andati a braccio, non hanno avuto bisogno neppure di una traccia per fare le loro più o meno brevi dichiarazioni.
Con questo non voglio insinuare che il loro discorsetto sia stato scritto a “monte” ma, poiché mi rifiuto di pensare che due neosindachesse, due professioniste giovani e brillanti, non siano in grado di parlare per cinque minuti senza leggere quello che hanno da dire, mi domando perché? Come mai? Era proprio necessario? Nel migliore dei casi è stato un piccolo passo falso, una caduta di stile. Lo avesse fatto soltanto una delle due, la cosa si sarebbe notata meno. Ma che tutte e due, in pratica alla loro prima uscita da primo cittadino (o da prima cittadina? Mah) abbiano avvertito l’esigenza di leggere mi ha personalmente impressionato e un po’ preoccupato.
Insomma un piccolo scivolone che si poteva evitare soprattutto da parte di chi sembra sempre molto attento anche ai più piccoli particolari della comunicazione: sicurezza e scioltezza in pubblico dei politici sono essenziali per far presa sulla gente.
Piccole cose; prove ben più difficili e ardue attendono Virginia Raggi e Chiara Appendino. Ed è qui che si vedranno le capacità loro e del M5S. Però, per favore, d’ora in poi i foglietti li tengano nella borsetta.
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