La musica della PFM negli sguardi sul futuro
Abbiamo immaginato tante volte la musica del futuro, magari concentrandoci sul supporto, sulla liquidità digitale che ha infamamente tentato di scippare le promesse circoncise sui vinili, senza soffermarci su un dettaglio: quanto vale che questa musica di dopodomani viri verso le proprie radici senza scatenare un soffocamento nostalgico?
Quando la Premiata Forneria Marconi debuttò, in tanti si chiesero quanta strada di progressive ci sarebbe stata avanti. Di fronte agli dei come i King Crimson, Franz Di Cioccio e compagnia furono capaci di fare in autonomia una fonduta di identità musicale, tale da assicurarsi un ritorno al futuro in qualsiasi momento per quella che era destinata ad essere una delle pochissime band italiane riconoscibili e osannate all'estero, dalle Americhe al Giappone, dalla Gran Bretagna all'Europa.
Quando intervistai Di Cioccio undici anni fa, mi colpì un termine ripetuto più volte dentro e fuori il perimetro PFM: contaminazione. Bastava tutto questo? Qualche sera fa, sul palco del teatro Galleria di Legnano, Franz ha ripreso inconsapevolmente quella nostra chiacchierata incompiuta: "La musica è un dono e non va discriminata. È tutto un grande continente e noi ne facciamo parte". È nascosto in questa affermazione lucida il segreto che spalancò alla PFM fin dagli esordi le porte del futuro. Qui non è questione di un brano o un altro, di scegliere come iceberg del futuro "Impressioni di settembre" o "La carrozza di Hans".
Qui la questione è bandire una volta e per sempre "la discriminazione", dalla musica così come in tutto ciò che ci riguarda nella vita. La musica della PFM segna un ritorno al futuro ancora oggi con un appunto: dietro una grande band c'è una grande donna, proprio come la produttrice musicale Iaia De Capitani che nelle vesti di una musa ha contribuito a tracciare le orme di nuove stagioni. Per Di Cioccio e compagni le stagioni non si riducono a quattro. E scusate se insisto.
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