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Rocca sbrocca
#Ritorno a scuola, la scelta migliore. Pensiamo alla salute dei nostri figli

Nonostante l’Italia sia stata la prima in Europa a chiudere le scuole per bloccare il contagio coronavirus sarà anche l’ultima a ripartire dopo l’estate a settembre. Ma il tema è: come si ritorna a scuola?

Nel resto d’Europa, le scuole stanno già progressivamente riaprendo, anche se con alcune limitazioni. Tutti i paesi prevedono regole di sicurezza sanitaria basate sul distanziamento fisico. In alcuni casi, richiedono agli studenti di indossare la mascherina, in altri suddividono le classi in due con un’alternanza didattica tra scuola e casa.

In Inghilterra, per esempio, riaprono il primo giugno, gradualmente e limitatamente ad alcune classi, cioè solo per la prima e la sesta delle elementari (per i bambini dai 5 ai 6 e dai 10 agli 11 anni). In Germania, le decisioni sono prese dai singoli stati che, in generale, hanno riaperto le scuole dal 27 aprile per gli studenti dell’ultimo anno della scuola secondaria mentre la fine dell’anno scolastico varia a seconda dei Lander: a Berlino finisce a fine giugno e si riprende a inizio agosto, in Baviera termina a fine luglio e riprende a inizio settembre. In Francia, le scuole primarie hanno riaperto gradualmente dall’11 maggio, le secondarie riapriranno a fine mese. Così come hanno riaperto in Svizzera, Paesi Bassi, Finlandia, Grecia, Portogallo, Belgio e Repubblica Ceca tranne la Spagna che riaprirà a settembre. Ma veniamo a noi.

Parlando con i miei figli e con le altre madri siamo tutti d’accordo come l’insegnamento on line per l’emergenza è stata una soluzione importante ma bisogna segnalare anche alcune controindicazioni del metodo d’insegnamento digitale soprattutto se consideriamo la giovane età degli alunni e la difficoltà alla concentrazione che influisce sullo stesso apprendimento. Molte materie quelle più tecniche come matematica i ragazzi non riescono a capire, non riescono a seguire con attenzione. Inoltre, a volte ci possono essere problemi di connessione con il Wi-Fi che significa interrompere e ulteriore difficoltà di apprendimento e di gestione se consideriamo chi ha più figli che allo stesso tempo devono seguire le lezioni dal computer. Insomma, finalmente si torna a scuola in nome di un sano apprendimento e per la gioia dei genitori stremati dal lockdown e dalla gestione familiare e scolastica dei propri figli, ruolo che per lo più gestito da mamme con un doppio carico di lavoro. Ma ancora non si capisce in che modo verranno riorganizzate le classi per gestire al meglio la convivenza con il virus e il contenimento del contagio.

Da una parte, ci sono le linee guida del Comitato tecnico scientifico della protezione civile ha diffuso il documento tecnico per la rimodulazione delle misure contenitive per la scuola: innanzitutto gli studenti dalla prima elementare fino all’ultimo anno delle superiori dovranno indossare la mascherina e potranno toglierla solo durante l’interrogazione, per mangiare e per fare attività fisica. Dovranno entrare con orari scaglionati per non creare assembramenti fuori dalla scuola o nel cortile e dovranno restare distanti, anche tra i banchi, almeno un metro l’uno dall’altro. La scuola dovrà disporre percorsi ad hoc all’interno dell’edificio e, dove possibile, sfruttare tutte le entrate possibili per non far convergere tutte le classi in un unico portone. Se nei locali della mensa non ci fosse spazio a sufficienza, i ragazzi dovranno mangiare in classe, al loro posto con il lunch box e con tutti i disagi che comporta. Ma prima di tutto c’è la necessità di disporre di aule più ampie, per evitare che le classi vengano divise altrimenti diventa necessario avere più insegnanti.

Dall’altra, ci sono le avvertenze dei presidi, con tutte le responsabilità del caso, che affermano: riaprire le scuole a settembre in sicurezza? Impossibile, in classe il distanziamento sarà un obiettivo irraggiungibile. Ma i dirigenti scolastici, una volta valutate tutte le disponibilità, potranno rivolgersi ai Comuni e alle Città metropolitane per trovare aule più grandi, anche all’aperto.

Quindi si riparte. Anche perché alle questioni organizzative in funzione del controllo sanitario le associazioni dei medici pediatri che hanno una visione più ampia delle cure sanitarie per i bambini hanno espressamente dichiarato: “se si vuole evitare che alla crisi sanitaria e economica se ne aggiunga una educativa e sociale dalle conseguenze pesanti per tutti i bambini, e drammatiche per una consistente minoranza, che già in precedenza viveva situazioni di difficoltà di apprendimento. Vanno aperti e riaperti sollecitamente spazi ludici con componenti educative e vanno messe in campo iniziative specifiche di supporto per i bambini con difficoltà specifiche. il rischio di contagio per e da parte dei bambini è molto basso, mentre il rischio di compromissione di aspetti cognitivi, emotivi e relazionali conseguenti alla prolungata chiusura delle scuole è molto alto. Si sono enfatizzati i rischi di contagio derivanti dalla riapertura delle scuole e dei nidi, senza tener conto che i bambini lasciati a casa non ne sono affatto esenti: al contrario, affidati a parenti o amici o lasciati soli stanno andando incontro a rischi infettivi senz’altro maggiori di quelli insiti in situazioni controllate dove gli adulti sono sottoposti a misure di prevenzione e controllo, dove si seguono regole di distanziamento, igiene e sanificazione.”

Mi preme un’ulteriore considerazione sulla questione mascherine a scuola.  Mi sembra insensato pensare che un ragazzo che sta facendo il compito in classe debba tenere la mascherina nonostante i banchi a distanza. In alcuni momenti della giornata dove non serve, meglio levarla che tenerla per tutte quelle ore. Dalle 8.30 del mattino fino anche alle 3 e mezza, talvolta per chi fa tempo pieno, sono davvero troppe ore. In teoria, inoltre, una persona dovrebbe cambiare più mascherine al giorno, difficile immaginarsi un ricambio così efficiente dei dispositivi sanitari sia per una questione igienica che come costo per le famiglie. Bisogna avere buonsenso nell’indicare le giuste pratiche perché potrebbero non essere ragionevoli e il fatto che nel comitato tecnico scientifico non figuri neanche una mamma mi fa pensare.  Mettersi nei panni delle madri è un’operazione che in molti casi darebbe una visione completa di come ci deve organizzare.

Le madri sono coloro che si occupano di non mandare i figli a scuola qualora avessero la febbre. Le madri che si preoccupano e tutte le mattine misurano la temperatura ai figli con il terrore che poi se arrivati a scuola hanno più di 37 e mezzo chiamino direttamente il 118. Soluzione, comunque, discutibile perché fino ai 18 anni i genitori hanno la patria potestà.

Ma nel comitato scientifico non c’è una mamma e perciò è alto il rischio che le madri lavoratrici, che durante la pandemia si sono già occupate del loro lavoro e dei figli a casa, avranno il carico più pesante.

Inoltre, a mio avviso, sei anni è un limite troppo basso per l’obbligo di indossare le mascherine che andrebbe alzato almeno fino a dieci. Non è facile per molti ragazzini non toccare la mascherina con le mani con il rischio di vanificare tutto, meglio lavarsi o igienizzarsi più spesso e non portarsi le mani in faccia. Lo European Centre for Disease Prevention and Control, in un suo recente documento “Using face masks in the community” del 8 aprile 2020, ha precisato che: “Esiste il rischio che la rimozione impropria della maschera, la manipolazione di una maschera contaminata o una maggiore tendenza a toccare il viso mentre si indossa una maschera da parte di persone sane possano effettivamente aumentare il rischio di trasmissione”. Ci vuole buonsenso nel valutare i comportamenti dei ragazzi nelle indicazioni delle buone pratiche di prevenzione.

Insomma, tutti si concentrano sui i rischi di contagio derivanti dalla riapertura delle scuole e dei nidi, senza tener conto che i bambini lasciati a casa non ne sono affatto esenti oltre al rischio di far emergere disagi psicologici e comportamentali. Mi auguro che le misure indicate per il contenimento del contagio non vengano trasformate in regole impossibili e non sostenibili dal punto di vista organizzativo, né per le scuole né per i genitori. Il rischio zero non esiste, ma diventa a maggior ragione importante dare alle famiglie informazioni attente, coinvolgendole con un confronto di equilibrio nell’applicazione delle norme e consentire con loro le soluzioni migliori a secondo delle possibilità.

 

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