Dalla coppia al lavoro, ecco come far funzionare le relazioni

Di Maria Martello*
La rete di relazioni sulla quale si costruisce la nostra vita dovrebbe nutrirci e arricchirci, ma troppo spesso ci avvelena. Eppure è la via per conoscere noi stessi! Noi facciamo la nostra parte? Cioè che tipo di rapporti instauriamo o meglio come ci poniamo nella relazione con gli altri, in qualche modo influenzandone le risposte?
Parlare delle nostre relazioni interpersonali con sincerità e senso critico non è facile impresa. Farlo assumendoci la responsabilità delle disfunzioni e delle difficoltà che inevitabilmente si incontrano è ancora più complesso.
Occorre soprattutto mettere in gioco se stessi, con la massima lucidità critica e rivedere i modelli interiorizzati. Capita, non di rado, di ripetere le modalità che abbiamo assorbito dai nostri genitori, seppur li abbiamo contestati e considerati come non il meglio astrattamente ipotizzabile, a volte li abbiamo finanche ritenuti insopportabili. Eppure sono rimasi dentro di noi, ed emergono, anche nostro malgrado.
Difficilmente, però, ne siamo consapevoli: quindi è come se vivessimo la vita di altri, non la nostra con le sue specifiche ascendenze. Occorre acquisire la massima familiarità con queste trame che strutturano il nostro modo di essere nella vita e, muovendo proprio da queste, sciogliere certi schemi fissi: come si fa con i nodi, modificando taluni comportamenti ed aprendoci ad ampi spazi di espressione della parte più vera di noi stessi.
I veri cambiamenti non nascono mai dalla rottura con l’altro né con il proprio passato, ma piuttosto da una relazione diversa con l’altro, con il proprio passato, con se stessi. Il nuovo non nasce dal tentativo di isolarsi dall’altro, perché scomodo, dalla propria storia passata perché pesante, ma dal riconoscersi parte di una storia e dal tentativo di acquistare ’potere’ su di essa e su di sé.
Si è sempre soggetti della propria esistenza e nello stesso tempo soggetti alla propria esistenza. Dobbiamo, prima di tutto, partire dal riconoscimento delle interconnessioni che esistono tra gli effetti sull’altro del nostro comportamento, del nostro modo di essere e di vivere, della nostra storia precedente e della storia dell’altro. Per conoscere la qualità delle nostre relazioni e l’efficacia del nostro modo di viverle, dobbiamo confrontare le nostre azioni, da una parte, con il nostro modo profondo di sentire e i modelli di riferimento, le categorie culturali dell’altra parte, quella che ci sta di fronte.
Ecco, allora, che bisogna partire da una domanda fondamentale: che tipo di persona sono? Non basta rivolgere semplicemente questa domanda a noi stessi, ma farne una dimensione di vita, un interrogativo che deve ‘guidare’ il nostro percorso. Solo così possiamo curare le parti di noi trascurate o poco sviluppate, non tanto per individuare le incompiutezze dell’altro, quanto per misurarci con i nostri stessi cambiamenti, quelli che ci fanno avere uno sguardo migliore sul mondo. Passa da qui la strada per una realizzazione profonda, per una crescita ed un ritrovamento di se stessi, al di fuori degli stereotipi e delle illusioni, per una vera libertà e una compiuta vita di relazione.
Altrimenti identifichiamo nemici di comodo, un modo questo per evitare di affrontare conflitti più sottili, pregnanti, personali. Altrimenti ci ingabbiamo in ruoli rigidi, stereotipati e violenti in cui l’altro appare come quello ‘sbagliato’, responsabile e colpevole delle difficoltà di relazione, una buona consolazione che, non risolve tuttavia il nostro disagio interiore.
Se da un lato libertà significa poter avere quello che si vuole ed essere quello che si vuole, è impensabile ritenere come immorale, ingiusto, intollerabile ciò che può apparire come limitazione. In questo modo si negherebbe la propria limitatezza e soprattutto la dipendenza relazionale: si crederebbe di poter essere tutto, finendo per essere nulla: impotente, inconsistente ed isolato. Apprendere la grammatica delle relazioni presenti e della nostra storia personale, familiare, sociale, culturale e professionale, conoscere i conflitti, sviluppare la sensibilità verso i problemi, le paure, i desideri, le frustrazioni, aumenta la capacità di far nascere spazi di libertà per noi, che rendono sane le relazioni con gli altri.
Si cresce e ci si trasforma raggiungendo il ben-essere gradualmente, sostituendo ai modelli predefiniti la disponibilità a creare oi stessi, a ricercare la nostra identità ed espressione. Rimandiamo alla lettura di Sanare i conflitti che attraverso brevi capitoli, entra nel merito delle “trame” che promuovono questo processo interiore e lo liberano dagli effetti nell’ambiente che ci circonda. Ognuno di questi presenta vie e concetti per sperimentare l’avventura e l’arte di diventare quello che si è.
*Docente di Psicologia dei rapporti interpersonali. Formatrice A.D.R. Mediatrice dei conflitti. Autrice di
Sanare i conflitti ed anche di Oltre il conflitto; Intelligenza emotiva e mediazione; Conflitti parliamone; Mediazione dei conflitti e counselling umanistico; L’arte del mediatore dei conflitti Protolli senza regole; Educare con SENSO senza disSENSO”; Mediatore di successo.