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Costume
"Reimpariamo a fare i genitori. Serve una patente per educare i figli"
Dal film "Thirteen"

Di Maria Carla Rota
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@MariaCarlaRota

"Le tradizioni educative che ci tramandiamo da secoli oggi non valgono più. E amare i figli non basta. Per educare i ragazzi di oggi bisogna informarsi e formarsi da capo come genitori. Nessuno lo dice, ma servirebbe una patente anche per la genitorialità".

A dirlo ad Affaritaliani.it è la psicologa Maria Rita Parsi, che ha appena pubblicato (per Piemme Edizioni) il saggio-inchiesta “Maladolescenza. Quello che i figli non dicono". Quindici testimonianze, pubblicate in forma anonima sotto forma di lettera, raccolte insieme al giornalista Mario Campanella.

Negli adolescenti di oggi c'è molto disagio travestito di normalità, come se avessero due vite parallele. In passato forse il disagio era più raro, ma più manifesto?
"Ci sono sempre state tante forme di disagio interiore, ma prima non ne eravamo a conoscenza. I nuovi mezzi di comunicazione invece permettono di esprimersi di più. I giovani e i giovanissimi si confidano molto nel mondo virtuale e questo può aiutare meglio a conoscerli e a scoprire i loro problemi e le loro inquietudini, anche se c'è un profondo gap generazionale con i genitori. Gli adulti mancano di alfabetizzazione informatica rispetto ai figli, che sul web vivono in un mondo a parte. E più sono piccoli più sono esperti, i pre-adolescenti ancora più degli adolescenti".

E' l'altra faccia della medaglia nel rapporto con la tecnologia?
"Il web è un formidabile strumento di conoscenza, di scambio di informazioni e anche di formazione. Ma certo presenta anche tanti pericoli perché lì non valgono le leggi del mondo reale. Inoltre la moltiplicazione dell'informazione può mettere seriamente in gioco la vita delle persone. Pensiamo alla differenza tra bullismo e cyber-bullismo. Il fenomeno è conosciuto da tempo, ma oggi, con la diffusione del web, sta emergendo in tutta la sua forza, coinvolgendo centinaia di migliaia di persone e mettendole a durissima prova. Pensiamo ad ask.fm, sito tanto popolare tra gli adolescenti: lì si può scrivere quello che si vuole restando nell'anonimato assoluto. Insulti e aggressioni non hanno nome e possono ridurre spingere le persone deboli, come sono gli adolescenti in crescita, a crisi di depressione o perfino al suicidio".

Come vede i genitori di oggi?
"Li vedo in una posizione molto nuova. Quelli di ieri potevano contare sui consigli e sulle tradizioni educative che si tramandavano da generazioni. Oggi invece è come se si dovesse ricominciare da capo perché il web ha rivoluzionato tutto. Con Angela De Angeli ho pubblicato qualche mese fa il libro "Amarli non basta". Gli adulti devono aumentare la propria conoscenza di sè e della realtà per potersi prendere cura di qualcuno, serve uno sforzo di responsabilità nell'affrontare la situazione".

Che ruolo hanno le altre agenzie educative?
"Credo si debba tornare un po' al villaggio del passato, quando c'era la cultura campagnola. Dalla scuola ai mezzi di comunicazione, dalle realtà territoriali per la salute mentale come i consultori familiari ai centri sportivi: torniamo a scoprire la dimensione della rete sociale. In passato la comunità intera contibuiva alla crescita dei figli e i ragazzini sceglievano anche altri punti di riferimento da amare e rispettare. C'erano maestri di vita vissuta che oggi mancano ".

Il mio Avatar non morirà mai, dice nel libro. Che cosa significa questa espressione?
"Alle angosce profonde si risponde in tanti modi. Come diceva Fromm alla paura della morte, che è la madre di tutte le angosce ed è predominante nell'adolescenza, gli esseri umani rispondono in vari modi. In maniera religiosa (Io morirò ma c'è un'altra vita) oppure demografica (Io morirò, ma i miei figli continueranno). O ancora, pensando alla bellezza (Io morirò, ma l'arte non morirà mai) o in maniera oppure alla distruzione negativa (Io morirò, ma morirete tutti). Ora si aggiunge anche l'immagine virtuale, che è nuovissima: io morirò ma ilmio avatar sopravviverà. Il mondo virtuale continueraà a rimandare la mia immagine, le mie parole, la mia essenza virtuale. E' un modo con cui i giovani rispondono al'angoscia di morte".

Tags:
maria rita parsiadolescentimaladolescenza
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