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Costume
Social eating, arriva la legge. Così si evolve la sharing economy

Di Maria Carla Rota
@MariaCarlaRota

Aggiungi un ospite (pagante) a tavola? Social eating e home restaurant sono un fenomeno sempre più diffuso in Italia, ma ora la nuova tendenza è in cerca di una regolamentazione legislativa, come altri settori della sharing economy. E così tra poche settimane sbarcherà alla Camera un ddl per la "regolamentazione della ristorazione in abitazione privata”, già approvato in Commissione Attività Produttive. La votazione della nuova legge era prevista per lo scorso 8 novembre, ma è stata rimandata a dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre.

Affaritaliani.it ha chiesto a Cristiano Rigon, fondatore e amministratore delegato della piattaforma  di social eating Gnammo, quali sono le novità e i punti ancora da chiarire di questo disegno di legge: lui stesso, essendo Gnammo il principale player del settore, ha contribuito alla formulazione della normativa intervenendo due volte in audizione alla Commissione delle Attività produttive. Non solo: Gnammo già nel 2015 aveva stilato un codice di autoregolamentazione, tuttora disponibile sul sito, proprio per cominciare a dare al settore principi e regole da seguire.

Da un lato, insomma, ci sono l’entusiasmo e il fermento per le nuove sfide portate dal web, dall’altro ci sono le polemiche sollevate più volte dai ristoratori tradizionali, che vedono i cuochi domestici come loro concorrenti. “In generale sono soddisfatto di questo ddl e non vedo l’ora che sia approvato per poter finalmente dire che ‘il social eating si può fare’ - riflette Rigon -. Sono convinto che, dopo aver colmato questo buco normativo, molte persone decideranno di sperimentare questa nuova tendenza con più entusiasmo e meno diffidenza. Certo, sarebbe stato più utile normare la sharing economy nel suo complesso, scendendo poi in modo verticale nei singoli settori, ma l'importante è essersi mossi senza aspettare lo scoppio di una nuova bolla in stile Uber”.
 

gnammoCristiano Rigon, co-fondatore
 e amministratore delegato di Gnammo

 

Ma quanto sono diffusi i "cuochi casalinghi" in Italia? Secondo un’analisi della F.I.E.P.e T., Federazione Italiana Esercenti Pubblici e Turistici, nel 2014 il settore ha messo a segno un fatturato di 7,2 milioni di euro. Social eating e home restaurant, due sfumature diverse dello stesso fenomeno: la prima più occasionale e mirata alla socializzazione, la seconda più centrata sull’aspetto culinario. Spesso si arriva a veri e propri “ristoranti in casa”, come dice il nome stesso, con accese polemiche da parte dei ristoratori tradizionali. Sempre nel 2014 i cuochi social attivi in Italia sono stati 7mila per un totale di 37mila eventi organizzati e una partecipazione di 300mila persone. L’incasso medio stimato, per singola serata, è stato di 194 euro.

Tra le principali novità del ddl in arrivo alla Camera, ci sono i limiti di natura fiscale per i cuochi: massimo 500 pasti all’anno (poco più di 1 coperto al giorno) e 5mila euro di incasso “ad abitazione”, per evitare che in una stessa famiglia le cifre si sommino perché è più di uno a cucinare. "Con questa legge si cancella lo spauracchio, agitato dai ristoratori tradizionali, del 'tutto in nero’ - prosegue Rigon -. Imponendo transazioni online si rende tutto tracciabile e si arginano i furbetti del contante”. Un aspetto andrebbe però chiarito: “Il tetto annuale dei 5mila euro dovrebbe essere calcolato sugli utili, non sui ricavi. Ovvero, all'incasso di una cena vanno sottratti i costi, per esempio il prezzo della spesa fatta per gli alimenti, per poi capire quanto effettivamente resta in tasca a chi ha ospitato l’evento. Su quella cifra si dovrebbero calcolare i 5mila euro. La Ragioneria generale dello Stato deve chiarire questo punto".

Poi c’è la questione della "Scia", ovvero la dichiarazione di inizio attività commerciale, che viene richiesta agli utenti dalla nuova legge: “La Scia è gestita a livello Comunale, quindi ognuno dei circa 9200 comuni italiani ha un modo di operare diverso. Le piattaforme di social eating non potranno aiutare gli utenti nella gestione di una simile procedura e il problema della burocrazia rischia così di scoraggiare il fenomeno. Gnammo propone allora, al posto della Scia, una forma di comunicazione digitale con cui il cuoco avvisa il il legislatore che farà eventi di social eating. In questo caso potrebbe essere la piattaforma stessa a gestire la dichiarazione in modo automatico, facilitando gli chef”.

La legge prevede anche un’assicurazione per gli eventi. “Solo in Italia a casa non è ancora obbligatoria la responsabilità civile. Gnammo sta già lavorando con diverse compagnie assicurative per far sì che gli chef possano offrire una copertura assicurativa per gli utenti”.

Alle piattaforme digitali spetta il compito di verificare i requisiti minimi di abitabilità delle case e una minima conoscenza da parte dei cuochi delle modalità di trattamento dei cibi. “Siamo assolutamente d’accordo. Bisogna diffondere una maggiore cultura e fare formazione: come trattare il cibo, come gestire la dispensa, come lavorare in sicurezza evitando intossicazioni...”

Su questo aspetto è inoltre molto importante il giudizio della community, una forma di auto-controllo che fa parte dell'essenza stessa del web, a prescindere dalla legge. "Dopo ogni evento sia gli gnammer che gli chef possono esprimere un giudizio sui diversi aspetti della serata, tra cui cucina e pulizia - conclude Rigon -. È la comunità degli utenti a decidere chi è meritevole e chi invece va espulso. Un meccanismo di autoregolamentazione che funziona anche per eBay, Bla Bla Car, Airbnb. Sono convinto che nel giro di vent'anni la fiducia della community diventerà anche un valore di tipo economico”.

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