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Cronache
Accuse di stupro contro Grillo jr e co: in Cassazione come andrebbe a finire?
Ciro Grillo 

La vicenda del figlio di Beppe Grillo e dei suoi 3 amici genovesi, indagati per violenza sessuale di gruppo nei confronti di una ragazza italo-norvegese, è nell’occhio del ciclone. Anche se il caso è in una fase preliminare e tutti gli indagati, che si dichiarano innocenti e restano tali fino a sentenza definitiva avversa e dopo un processo, sarebbe importante capire come la nostra giurisprudenza di vertice, la Corte Suprema di Cassazione, si sia espressa sull’argomento violenza sessuale di gruppo o meno, sia nel caso si vada nei prossimi tempi verso l’archiviazione delle posizioni sia che i magistrati optino per un rinvio a giudizio.

La Corte è l’organismo di punta del nostro sistema giurisdizionale e i pronunciamenti sono il punto di riferimento dei giudici dei gradi inferiori.

La Cassazione rappresenta il terzo grado di giudizio di una causa e anche se sappiamo che le sentenze non valgono come leggi, ed intervengono su casi specifici, sono determinanti. Anche perché le sentenze della Cassazione, per come è organizzato il nostro sistema giudiziario, devono essere nette, chiare, affrontare un problema e trovarne la soluzione.

Leggendo i pronunciamenti è chiaro comprendere che tutto ruota intorno al concetto di stato di inferiorità fisica e psichica della vittima. Questa condizione configura l'abuso e nei casi specifici la violenza sessuale subita è tale perché la vittima non può esprimere un valido consenso.

Sul tema si è pronunciata la Terza sezione della Cassazione con relatore il giudice Angelo Maria Socci.

Una sentenza importante è quella del 4 ottobre 2017.

La Cassazione doveva esprimersi su un caso in cui “la parte offesa si era volontariamente ubriacata ed aveva assunto sostanze stupefacenti e, sempre volontariamente, aveva fatto salire gli indagati a casa sua offrendo loro da bere” prima di consumare i rapporti sessuali. La Cassazione ha deciso che “quello che rileva non è chi abbia cagionato lo stato di incapacità (ovvero se a fornire alcol e droga siano stati gli indagati dell’atto sessuale o se la ragazza lo abbia assunto volontariamente), ma se al momento degli atti sessuali la donna fosse o meno in grado di esprimere il consenso al rapporto”. Si spiega che “integra il reato di di violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.) con abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica della vittima, la condotta di induzione della persona offesa a subire atti sessuali in uno stato di infermità psichica determinato dall’assunzione volontaria da parte della stessa vittima di bevande alcooliche o stupefacenti, rilevando, ai fini della configurazione del reato, solo la condizione di inferiorità psichica o fisica della persona offesa, a prescindere di chi abbia cagionato detta condizione (e dunque anche se la parte offesa ha volontariamente assunto alcol o droghe) ed essendo l’aggressione in sé all’altrui sfera sessuale connotata da modalità insidiose e subdole”.

Conferma lo stesso principio la sentenza n. 44292 del 2019.

E’ un caso di sesso tra soggetti che hanno abusato di alcol e sostanza stupefacenti. Anche in questo procedimento per la Cassazione è violenza sessuale quando la vittima si trova in uno stato di inferiorità fisica e psichica. La Corte ha escluso, nel caso specifico, la violenza fisica e la minaccia, ma ritiene che si sia consumata la violenza sessuale a causa delle condizioni della vittima, una ragazza anche minorenne, di cui il ricorrente avrebbe approfittato, a causa della sua inferiorità psichica.

“Deve a tale proposito sottolinearsi”, scrive anche la sentenza n. 32462 del 2018, “che lo stato di ubriachezza (e anche di assunzione di sostanze stupefacenti) da solo (nei limiti di una ‘sbronza ordinaria’) non configura certamente una condizione di inferiorità fisica o psichica tale da annullare un consenso al rapporto sessuale; in dottrina è stato fatto l'esempio della prostituta che si prestasse ad un rapporto sessuale con un cliente in stato di alterazione da alcool (non rileva certo il sesso del cliente o della prostituta/o). Quello che rileva è (paritariamente come avviene nei rapporti sessuali con soggetti affetti da malattia psichica) la presenza nella condotta del soggetto attivo delle azioni costituite dall'induzione e dall'abuso delle condizioni di ubriachezza in cui si trova il soggetto passivo”. In sostanza: essere ubriachi e fare sesso non configura la violenza sessuale ma lo stato di inferiorità fisica e psichica di uno dei soggetti sì.

Sono poi consentite le riprese video, audio e l’uso di app in questi casi. Sembra banale ma non lo è. La grande diffusione di tecnologie che permette di registrare video, audio e con applicazioni non è coincisa con il portare tali prove in sede di giudizio, anche se le persone ne erano in possesso, per paura di commettere altri reati tra cui violare la privacy altrui.

Nei casi di violenza sessuale di questo genere l’atto non avviene esercitando semplicemente una forza predatoria generica, ad esempio un’aggressione o azioni simili per strada, ma prende forma in un contesto più complesso. La violenza sessuale in questi casi, spiega la sentenza n. 5241 del 2017 è sempre preceduta e seguita da altri eventi che se registrati e ripresi possono essere prove.

 

 

 

 

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