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Cronache
Cassazione: "Movida nociva alla salute? I Comuni paghino i danni ai cittadini"
Movida notturna

Movida molesta, la Corte di Cassazione condanna Brescia: "Violato il diritto alla salute. Il Comune risarcisca i cittadini"

Una piaga diffusa, quella della movida selvaggia e molesta, che però ha subito un duro colpo dalla Corte di Cassazione. Lo stesso che potrebbero subire da ora in poi i bilanci dei comuni. La sentenza 14209/2023 di pochi giorni fa, infatti, ha condannato il Comune di Brescia al risarcimento del danno in favore di una coppia, per le immissioni di rumore nella propria abitazione al Carmine, dopo più di dieci anni. E il caso potrebbe essere un apripista.

LEGGI E SCARICA LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE

La Corte ha accolto il ricorso presentato nel 2012 contro l’amministrazione cittadina da Gianfranco Paroli, il fratello dell'allora sindaco di Brescia, Adriano Paroli, con la moglie. La coppia, insieme a un altro residente, si era rivolta al Tribunale a causa dei continui schiamazzi soprattutto notturni che caratterizzavano il loro quartiere, spazientiti dal perdurare della situazione e dall’assenza di risposte da parte del sindaco. In prima istanza, il tribunale civile lo concesse, obbligando il Comune a versare 50 mila euro ai due residenti esasperati. Il giudice riconobbe l’esistenza di danni biologici e patrimoniali per la movida “a causa del rumore antropico per gli schiamazzi di avventori di alcuni locali che stazionano nei pressi dei plateatici o dei locali su suolo pubblico”. Il Tribunale, inoltre, aveva ordinato al Comune di predisporre un servizio di vigilanza con agenti per disperdere la folla entro la mezz'ora dalla chiusura dei locali.

La Corte d'appello aveva quindi rovesciato il verdetto, sostenendo che il Comune non ha obblighi specifici di intervento, in assenza di norme ad hoc. Ora, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di Paroli, sostenendo che di fronte alla tutela del privato che lamenti la lesione del diritto alla salute costituzionalmente garantito, del diritto alla vita familiare e della stessa proprietà per immissioni acustiche intollerabili provenienti da area pubblica, la Pubblica amministrazione "è tenuta ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni e, quindi, il principio del neminem laedere”. Può quindi essere condannata sia a risarcire il danno che ad agire per riportare le immissioni sotto la soglia di tollerabilità.

Ora la causa è rinviata alla Corte di appello in diversa composizione, che dovrà provvedere a regolamentare le spese del giudizio di legittimità.

LEGGI ANCHE: Milano, 120mila euro per la sicurezza nei luoghi della movida

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