Il prezzo di una prestazione medica privata appartiene alle scelte aziendali nell'ambito della libera concorrenza: perciò non può essere una norma regionale a decidere in merito. Si parla di test Covid, e a soccombere a questa sentenza del Tar è la Regione Lazio.
Il motivo di principio espresso dal Tar del Lazio è quello contenuto nella sentenza che accoglie un ricorso amministrativo, proposto da alcuni centri diagnostici per contestare una nota del 21 ottobre scorso della Regione Lazio, laddove imponeva un prezzo alla prestazione privata collegata all'esecuzione dei test molecolari per la ricerca del virus Sars-CoV-2.
La nota regionale impugnata - a quanto si evince dalla stessa decisione del Tar - partiva da un invito a manifestare interesse per l'esecuzione di test molecolari su richiesta ed a spese a carico del cittadino, fino a statuire e imporre un prezzo massimo per la singola prestazione. I giudici, innanzitutto hanno premesso che, allo stato, per l'esecuzione dei test molecolari, non sussiste né una normativa nazionale né una regionale primaria che stabilisca i requisiti e i criteri per il loro svolgimento, mentre la Legge regionale statuisce le modalità di rilascio dell'autorizzazione all'esercizio. "Ora - si legge nella sentenza - il rilascio dell'autorizzazione e la sua periodica verificazione, consente alla struttura di esercitare le attività sanitarie previste nell'autorizzazione, né la P.a., in assenza di una previsione primaria, può ritagliare da tale contesto ulteriori e specifiche attività per sottoporle a una più rigida disciplina: una volta autorizzata ed in costanza dell'autorizzazione il privato può svolgere, nel rispetto dei protocolli indicati nel Decreto del Commissario ad acta, ogni esame conseguente«. Nel caso specifico, quindi, per i giudici l'amministrazione regionale »ha stabilito limiti e condizioni per l'attività autorizzativa non accreditata in violazione dunque delle previsioni generali« e »ha inteso stabilire un tetto al costo delle singole prestazioni, pur non essendo le stesse somministrate, neppure indirettamente, dal servizio pubblico". Il che è "in palese contrasto con le previsioni costituzionali«. In conclusione, per il Tar »Stabilire il costo di una prestazione privata riguarda e si inserisce nell'ambito di scelte aziendali e nel contesto della libertà di concorrenza, rispetto alle quali solo la norma primaria può, eventualmente, prevedere evenienze di coattiva impostazione del prezzo del servizio, sempre nel rispetto e nel bilanciamento dei contrapposti interessi anche costituzionali. Pertanto, il ricorso deve essere accolto ed il provvedimento censurato deve essere annullato". Ma la Regione non ci sta. "Sulla decisione del Tar sui prezzi calmierati dei tamponi faremo ricorso in Consiglio di stato. Il modello Lazio ha evitato speculazioni a danno dei cittadini. La priorità è la tutela della salute", sostiene l'assessore regionale alla Sanità Alessio D'Amato.
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