
"Ha ammazzato sua figlia e la sua ex. Ergastolo e due anni di isolamento". Dopo sei ore di requisitoria ecco la richiesta del pm Aldo Celentano per Maurizio Iori, 52 anni, l'oculista di Crema che è in carcere già da più di un anno con l'accusa di aver ucciso l'ex compagna e sua figlia di due anni con un composto velenoso da lui stesso preparato. La ricostruzione del magistrato mette al centro la piccola Livia: "La considerava solo un inciampo". E l'uomo avrebbe messo la donna di fronte a una impossibile scelta: "O me o la bambina".
La richiesta dell'accusa, riporta la Provincia di Cremona, è arrivata dopo sei ore di requisitoria. Per l'oculista Maurizio Iori l'accusa è quella di aver ucciso l’ex compagna Claudia Ornesi, 42 anni, e sua figlia Livia, di soli due anni, la sera del 20 luglio di due anni fa nella casa di via Dogali. Qui avrebbe preparato una cena a base di sushi, "drogato" con il farmaco Xanax "probabilmente propinato in gocce" (sostiene l'accusa) madre e figlioletta (nel corpo di Claudia fu ritrovato anche del Valium), infine le avrebbe uccise con il gas butano erogato da quattro bombole da campeggio.
Il movente, sostiene l'accusa, va ricercato nel fatto che per Iori "la bambina era un inciampo, non significava niente».Perché "già dal concepimento, lui ha avuto una reazione di rifiuto", mettendo Claudia "di fronte ad un aut-aut: o scegli me o scegli la bambina". Livia sarebbe stata solo "un inciampo" per Iori che, già divorziato e padre di due figli, aveva imposto a Claudia riservatezza, costringendola a partorire all’ospedale di Lodi.
La procura di Crema non ha dubbi: Iori ha inscenato un omicidio-suicidio, per mascherare l’eliminazione della bimba e della madre. Dopo Celentano sarà la volta delle arringhe dei legali di parte civile, retta dagli avvocati Eleonora Pagliari e Marco Severgnini che rappresentano i diritti della famiglia Ornesi. La difesa continua a sostenere la tesi del suicidio.
Se venisse avvalorata l’ipotesi dell’accusa Livia diverrebbe probabilmente la più piccola vittime della "strage delle donne". "L’imputato fin dall’inizio rifiutò la nascita della piccola, temendo che avrebbe nuociuto alla sua reputazione in città. E addirittura una sua amica, intercettata al telefono arriva a confessare "Per Maurizio la morte di Livia è come quella di un gatto".