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Cronache
Patata-gate, 2 condanne. Calunniato Forestale che seguiva indagini. I dettagli

Si conoscono finalmente i dettagli della prima sentenza del cosiddetto "Patata-gate", l’inchiesta sulle tonnellate di patate straniere e di scarto vendute come italiane, nella culla dell’eccellenza agroalimentare emiliano romagnola, la patata valley con i suoi rinomati marchi e percorsi di qualità. La sentenza è relativa a due persone che avevano scelto il rito abbreviato. Il 30 ottobre 2019, dopo 6 anni di fasi precedenti, il giudice Gianluca Petragnani Gelosi aveva condannato Grazia Romagnoli, sorella di Giulio Romagnoli della Romagnoli f.lli spa, una delle società al centro del caso, per corruzione tra privati e Michele Manenti, uno dei dipendenti della stessa ditta, per calunnia nei confronti dell’agente della Forestale di Bologna Michele Bacocco che aveva partecipato alle indagini. In quella data il giudice aveva anche rinviato a giudizio per associazione a delinquere le principali realtà della lavorazione e commercializzazione delle patate in Italia che hanno il loro cuore proprio a Bologna. Ma non si conoscevano ancora i dettagli delle due condanne.

 

 

 

Il caso. L’inchiesta “Patata-gate”

“Il fabbisogno nazionale di patate è di circa 2,3 milioni di tonnellate”, scriveva il Corpo Forestale di Bologna nel 2013 “la produzione (nazionale, ndr) è di circa 1,5”. Da dove provengono le altre 800.000 tonnellate? E soprattutto perché sugli scaffali dei supermercati troviamo quasi esclusivamente patate italiane se ne importiamo da altri Paesi?

La risposta, anche secondo il giudice Gelosi che ritiene “imponenti” le prove portate dagli inquirenti, tra documenti e intercettazioni telefoniche, mostrerebbero un sistema che vendeva come pregiate patate che non lo erano, ne camuffavano la provenienza e sulle quali, secondo quanto rilevato dalla Forestale, oggi confluita nei Carabinieri, venivano applicati trattamenti pericolosi e illegali con antiparassitari, antigermoglianti e fitofarmaci non consentiti in Italia e in Europa. Una truffa, secondo Procura e Forestale, rilevante per quello che si ritrovano nei piatti i consumatori italiani e che oltre a determinare le politiche dei prezzi nella “Borsa delle patate” italiane incide anche su quelli del nord Europa. Così ci si trovava che le patate di scarto, infestate dalla tignola (il verme/farfalla che perfora le patate), dalla scabbia o così nere da essere invendibili, come quelle africane, e vagonate di patate comuni provenienti da Paesi esteri europei venivano fatte passare per patate italiane, anche al selenio o diventavano bio, Dop, certificate CPQ di Conad (percorso controllo qualità) e vendute a prezzi superiori. Le patate africane hanno un valore di mercato che va dagli 0,03 agli 0,06 euro a kg. Nei supermercati finiscono poi a più di 1 euro al kg e possono raggiungere anche cifre superiori. Abbiamo già trattato il caso qui e qui.

 

Le due condanne del “Patata-gate”

Il giudice Gianluca Petragnani Gelosi, ha condannato con rito abbreviato Grazia Romagnoli, sorella di Giulio Romagnoli della Romagnoli f.lli spa, una delle società coinvolte, per corruzione tra privati a 10 mesi di reclusione (pena sospesa), assolvendola però dall’accusa di associazione a delinquere. Per Grazia Romagnoli il giudice ha anche deciso la pena accessoria dell’interdizione da cariche direttive in società per un periodo di 12 mesi (sospensione condizionale della pena per 5 anni). A carico di Grazia Romagnoli il giudice ha stabilito una provvisionale, un anticipo da pagare, di 5.000 euro ciascuno, nei confronti delle parti civili Conad e Coldiretti, oltre al risarcimento dei danni da liquidare in sede civile. Al centro della vicenda i rapporti con Claudio Gamberini, in quel momento responsabile nazionale per gli acquisti dell’ortofrutta e freschissimi di Conad, rinviato anche lui a giudizio.

Lo scambio corruttivo, secondo Petragnani Gelosi, si sarebbe evidenziato dalle prove portate dagli inquirenti, un’auto data dalla Romagnoli al dirigente Conad e uno o più abbonamenti allo stadio Dall’Ara, dove gioca il Bologna calcio.

È stato condannato a un anno di reclusione anche Michele Manenti (anche per lui pena sospesa), dipendente della Romagnoli, per calunnia nei confronti dell’agente della Forestale Michele Bacocco e per autocalunnia. Il giudice ha anche stabilito che Manenti dovrà pagare una provvisionale di 20.000 euro all’agente, oltre alle spese legali. La vicenda di Manenti è degna di una spy story. E’ la fonte confidenziale dell’inchiesta che guida gli inquirenti nei segreti del “Patata gate”, “la cui identità come confidente di polizia era stata” però “resa pubblica dalla maldestra annotazione apposta sui brogliacci delle intercettazioni accanto alla sua utenza”. Chi sarà stato tanto maldestro? Quando i suoi datori di lavoro (i Romagnoli) si ritrovano indagati scoprono anche della presenza di Manenti e della sua azione. Questi “temendo di perdere la propria occupazione”, come è scritto nelle carte della sentenza, sostiene di essere stato “usato e spinto a dire” quanto accaduto da Bacocco. Ma il giudice ha sentenziato che la mole di prove documentali e intercettazioni telefoniche del caso mostrano che il cambio di rotta e le nuove affermazioni di Manenti “non hanno trovato riscontri”.

Tutti gli imputati del processo principale si ritengono innocenti. I due condannati potranno ricorrere in appello.

 

 

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