
La presidente della Corte Distrettuale di Saket, a New Delhi, ha ordinato che si tenga a porte chiuse la prima comparizione alla sbarra di cinque dei sei imputati per lo stupro e il conseguente omicidio di una 23enne studentessa di fisioterapia, il mese scorso nella capitale dell'India: troppo caos in aula, che ha determinato un grave ritardo nell'inizio della seduta. In uno spazio angusto, dove si erano potute sistemare appena una trentina di sedie, si erano ammassate infatti non meno di centocinquanta persone: non solo giornalisti, operatori e fotografi, indiani e stranieri, ma anche e soprattutto avvocati, in massima parte assolutamente estranei al processo, che per di piu' si sono messi a litigare furiosamente tra loro.
Due gli schieramenti contrapposti: da un lato, un gruppo di legali che protestavano contro i colleghi i quali, dall'altro, si sono fatti la guerra a vicenda pur di assumere la difesa degli imputati, probabilmente per guadagnarne in pubblicita', violando il boicottaggio del procedimento proclamato dai 2.500 iscritti al locale Ordine Forense. "Questa corte si e' trasformata in una baraonda!", e' sbottata a un certo punto il magistrato, esasperata. "E' diventato impossibile procedere". E cosi' ha deciso: fuori tutti. Nel frattempo pero', dalla tarda mattinata prevista in origine per il via al giudizio, si era gia' arrivati al pomeriggio inoltrato. Il sesto stupratore, che avrebbe 17 anni, se l'eta' ne sara' confermata sara' comunque giudicato separatamente da un tribunale per i minori.