Napoli/ Guerriglia urbana degli immigrati dopo il far west. Le foto
Scene di guerriglia urbana lungo la strada statale Domiziana: gli immigrati che stanno protestando per l'agguato che ha visto vittime loro connazionali se la stanno prendendo anche con i cittadini comuni. Armati di mazze hanno rotto i vetri di diverse auto di semplici persone che stavano percorrendo la statale. Scagliano poi pietre contro le saracinesche dei negozi e le abitazioni dei cittadini. Il tutto rovesciando continuamente cassonetti lungo la statale. La polizia per ora si sta limitando ad anticipare il corteo e gli atti di vandalismo
Secondo gli inquirenti le persone uccise volevano spacciare nella terra dei Casalesi senza pagare la tangente al clan, considerato uno dei più potenti nelle terre campane. Non ci sarebbero altre spiegazioni alla strage di extracomunitari nel Casertano in cui sono morte sette persone, sei extracomunitari e un italiano. Una feroce "punizione" contro chi non voleva rispettare le regole imposte dalle cosche. L'ala 'militare' del clan dei Casalesi, i bidognettiani che fanno capo ad Alessandro Cirillo, detto "'o sergente" e Giuseppe Setola, entrambi tra i latitanti più ricercati d'Italia insieme al boss Antonio Iovine, sta infatti riaffermando la supremazia della 'famiglia'.
LA DINAMICA - Una sequenza di fatti agghiaccianti: i sicari colpiscono a Baia Verde, uccidono un italiano, Antonio Celiento, 53 anni, ritenuto affiliato al clan degli Schiavone. Solo venti minuti dopo poco lontano, al km 43 della Domitiana, si uccide di nuovo: restano a terra tre ghanesi, un liberiano e un cittadino del Togo.
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Sul posto sono stati trovati 84 bossoli. Utilizzate una pistola e una mitraglietta; corrispondono a quelli trovati a Baia Verde, dove il corpo della prima vittima è stato crivellato con 20 colpi. Il riconoscimento avviene grazie alle persone che accorrono sul posto. Momenti di fortissima tensione: una folla di extracomunitari aggredisce le forze dell'ordine. Calci, pugni, spintoni, si ribalta un cassonetto dell'immondizia, insulti, maledizioni al grido di «italiani tutti bastardi".
Qualcuno collabora anche, però: testimoni raccontano alla polizia di aver visto un'auto dotata di lampeggiante, con quattro persone a bordo: i sicari avrebbero indossato dei giubbotti con la scritta carabinieri. In nottata viene ritrovata un'auto bruciata, fra Nola e Villa Literno, quasi irriconoscibile. Obiettivo del commando erano certamente i tre uomini all'interno di un negozio - "Ob Ob exotic fashions" c'è scritto all'ingresso - al civico 1083: rivoli di sangue scorrono fra le macchine da cucire di una piccola sartoria a soqquadro, piena di stoffe e cotone colorato. Restano sotto i colpi anche un giovane a bordo di un'auto - non ha avuto neanche il tempo di levarsi la cintura di sicurezza - e un altro africano freddato a pochi passi dalla vettura. Sul posto arriva il coordinatore della DDa di Napoli Franco Roberti; la firma della camorra, nella terra dei Casalesi, è praticamente evidente, per gli inquirenti.
Cento metri più in là inizia il comune di Napoli: la strage è avvenuta in un territorio popolato da extracomunitari - per lo più nigeriani e ghanesi - che portano avanti una fiorente attività di spaccio. Un rifiuto alla camorra, magari di fronte alla pretesa di una tangente supplementare, potrebbe aver innescato l'attrito fra extracomunitari e criminalità organizzata. Un mese fa c'era stato un primo avvertimento, raccontano gli investigatori: al vicequestore Luigi del Gaudio vengono in mente gli spari contro l'abitazione di un nigeriano conosciuto come Teddy. Tutto quello che è accaduto fra ieri sera e stanotte, però, nel Casertano, a molti sembra inedito; la strage di San Gennaro, nella terra di Gomorra, non ha precedenti.




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