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Cronache
NATO choc: abbiamo immunità, non potete processarci per i crimini di guerra

L'uranio impoverito fa ancora morti. La NATO (che l'ha usato) si ritiene non processabile

La storia torna sempre. Accade in questi mesi in Ucraina e tornerà quando l’attuale conflitto sarà concluso.

Nel quasi silenzio totale italiano torna nelle aule giudiziarie il caso dell’uranio impoverito e lo fa in Serbia, al tribunale di Belgrado. Anche se l’opinione pubblica l’ha dimenticato, sarebbero circa 7600 i militari italiani ammalati di cancro a causa dei proiettili all'uranio impoverito utilizzati dalla NATO nei bombardamenti del 1999 in Jugoslavia. Di questi, 400 sono deceduti.

Al tribunale di Belgrado un pool di avvocati con un italiano, il legale Angelo Fiore Tartaglia, conducono una battaglia per la verità: la NATO e il ministero della Difesa della Serbia sono stati citati in giudizio per avere usato, nel primo caso la NATO, la micidiale arma e, nel secondo il ministero serbo, per non aver informato e adeguatamente protetto i propri militari dai rischi di esposizione.

Uranio impoverito: la battaglia nel tribunale di Belgrado. Processare la NATO per crimini

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Negli anni ‘90 la NATO bombardava la ex Jugoslavia “per portare la pace” sul territorio e lo ha fatto anche con i micidiali proiettili addizionati con l’uranio, i missili Tomahawk sparati in zona di guerra dalle navi Usa in Adriatico, causando distruzioni e morti che si hanno ancora oggi e si avranno nel tempo.

Cinque anni dopo l’uso arrivarono le ammissioni da parte della NATO. Fu questa al tempo la reazione dell’allora ministro della Difesa italiano e attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella: "Devo manifestare rammarico per il fatto che organizzazioni internazionali interessate forniscano solo ora e per nostra richiesta un'informazione importante per la sicurezza della comunità bosniaca così come per quella internazionale". Mattarella disse anche: "Noi vogliamo fare chiarezza; lo dobbiamo innanzitutto ai nostri militari e alle loro famiglie; lo dobbiamo a tutti gli italiani”.

Uranio impoverito. I nostri vertici militari sapevano dell'uso

Il 31 agosto 1995, nel quartier generale della Nato a Napoli, l’ammiraglio a quattro stelle della Marina degli Stati Uniti, poi dimissionario, Leighton Warren Smith Jr. (come riportano gli atti della Camera dei Deputati) aveva spiegato proprio l’uso dei proiettili a base di uranio impoverito nella duplice Operazione Deliberate Force del 1995 di inizio campagna. All’annuncio sarebbero stati presenti i vertici militari italiani.

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Gli armamenti contenenti uranio impoverito hanno effetti molto gravi e irreversibili anche sull’ambiente. Un nesso di causalità tra esposizione all’uranio impoverito e le malattie tumorali è accertato e il Linfoma di Hodgkin e la leucemia sono le malattie più diffuse in chi vi è stato esposto. Nel 2001 Carla del Ponte, capo del tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia, decretò che l’utilizzo delle armi a uranio impoverito da parte della NATO era assimilabile a un crimine di guerra. E anche secondo la Corte Europea come per altri organismi giurisprudenziali non c’è immunità che tenga quando viene compiuto un crimine di guerra. Per questo l’uso di un'arma non convenzionale come l'uranio impoverito viola l’articolo 23 della Convenzione dell’Aia del 1899 e la Convenzione di New York del 1976.

La battaglia dell'avvocato italiano Tartaglia che ha sconfitto 300 volte il ministero della Difesa e il documento della NATO

“L’uranio impoverito è altamente tossico”, racconta il sito Vittime del dovere, “se inalato, ingerito o se entra in contatto diretto con ferite, ad esempio, nel caso di proiettile”.

Ma a Belgrado, per la prima volta nella storia, la NATO si è costituita in giudizio depositando un documento: un accordo di cooperazione e presenza dal 2005 nella Repubblica della Serbia che la renderebbe, a loro dire, immuni dalla giurisdizione.

“Se è vero che per i militari che operano in Serbia è prevista un'immunità da responsabilità civile e in fase esecutiva”, ha spiegato ad Affaritaliani l'avvocato Angelo Fiore Tartaglia, “questa non ha e non può avere in alcun modo efficacia retroattiva. E non può riguardare i danni di guerra”.

In soldoni anche se la NATO ritiene di godere di un’immunità senza limiti, addirittura retrodatabile, i suoi discorsi non hanno senso.

L’accordo a cui fa riferimento l’Alleanza Atlantica è stato stipulato nel 2005, dopo i fatti contestati. Un’immunità non può essere retroattiva. E i crimini di guerra non sono oltretutto inclusi in qualsiasi accordo possibile.

“Il nesso tra uranio impoverito e tumori è netto”, racconta Tartaglia, “e l’uso di queste armi è sicuramente un crimine di guerra”.

L’avvocato Angelo Fiore Tartaglia non è un legale qualsiasi: è l’unico al mondo ad aver vinto circa 300 cause in difesa dei militari, quelli italiani (controparte il ministero della Difesa che è il datore di lavoro), che dopo l’esposizione all’uranio impoverito nella ex Jugoslavia continuano a morire. Per questo gli è stato chiesto di affiancare gli avvocati serbi.

E' la guerra che torna, col suo carico di morte nel tempo, come ha sempre fatto e farà sempre, anche se sul tema “in Italia c’è una sorta di silenzio stampa assordante”, ha detto ad Affari l’avvocato Tartaglia.

 

 

 

 

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