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Culture
Artemisia Gentileschi, l'arte al femminile in mostra a Palazzo Braschi
Ester e Assuero

di Maura Babusci

La parabola umana e professionale di una straordinaria artista, antesignana dell’affermazione del talento al femminile, è di scena al Museo di Roma - Palazzo Braschi fino al 7 maggio 2017, grazie alla mostra “Artemisia Gentileschi e il suo tempo”. Un percorso che racchiude capolavori come la 'Giuditta che taglia la testa a Oloferne' del Museo di Capodimonte, 'Ester e Assuero' dal Metropolitan Museum di New York e l’'Autoritratto come suonatrice di liuto', in pratica ripercorrendo l’intero arco temporale della vicenda artistica della pittrice, vita e opere, messe a confronto con capolavori di colleghi per un totale di circa 100 lavori esposti.

Orazio Gentileschi ebbe quattro figli ma la primogenita, unica femmina, fu sicuramente la personalità dotata di maggior talento. Cresciuta nel mondo del naturalismo caravaggesco,  ricevette la sua formazione artistica nella bottega del padre, in un contesto in cui la riproduzione realistica di materiali e particolari quotidiani erano i tratti di eccellenza. La giovane assimilò  l’attitudine a registrare tutto ciò che osservava, lo dimostrano opere come 'Susanna e i vecchioni' dipinto nel 1610. Sviluppò una spiccata capacità di ritrarre la figura umana: il tratto per cui è più nota e ammirata.

La Roma degli anni giovanili della pittrice era una città in fermento, in pieno cambiamento. La ristrutturazione delle chiese paleocristiane, la progettazione di strade più ampie ed efficienti, il miglioramento del sistema di circolazione dell’acqua e la realizzazione di nuove fontane attirava numerosi pellegrini che avvertivano il richiamo della città santa e molti artisti stranieri. Parliamo del Seicento, un periodo sicuramente ricco di contraddizioni ed esperienze nuove, in cui persistevano le posizioni conservatrici di una Chiesa “controriformata” tese a fronteggiare le spinte progressiste e destabilizzanti degli studi di Galileo sulla luna e sulle stelle, che avevano rimesso in discussione la tradizionale visione geocentrica.

Certezze antiche si stemperavano, mentre una figura come Artemisia Gentileschi superava i confini angusti tracciati per le donne del suo tempo: portando avanti con coraggio la propria rivendicazione di donna che era stata vittima di violenza e scegliendo contemporaneamente, per la sua arte, soggetti che non si limitavano ai ritratti e alle nature morte, ritenuti più adeguati per la produzione femminile, bensì temi complessi tratti dalla storia, dalla religione e dalla mitologia. La forza espressiva di personaggi come Susanna, Giuditta, Lucrezia, Cleopatra, l’Allegoria della Pittura ci raccontano, attraverso un'estetica potente e luminosa, una storia importante di riscatto e autodeterminazione.

Una capacità incontestabile di essere artista, grande fra i grandi, “seppure” donna o forse proprio per il fatto di esserlo, come ha tenuto a sottolineare Claudio Parisi Presicce, Sovrintendente Capitolino ai Beni Culturali, nella sua introduzione a questa mostra, che è promossa e prodotta da Roma Capitale – Assessorato alla Crescita culturale Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con il patrocinio del MiBACT e organizzata da Arthemisia Group con Zètema Progetto Cultura. Sante, dame e suonatrici dalle ombre intense, a tratti feroci, restituiscono il ritratto stesso dell'artista, una donna impegnata a trovare la sua strada in un mondo che era stato fondamentalmente pensato per soli uomini.

 

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