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Culture
Dio salvi il cinema dal panico del coronavirus

Carlo Verdone vede sfumare l’uscita nelle sale cinematografiche della sua ultima pellicola, come molti suoi colleghi e produzioni. E chi al botteghino era già in corsa, vedere il regista Muccino, ha subito un drastico calo degli introiti con un incasso globale rovinato da un evento nefasto. Entrambi hanno sfogato preoccupazioni e perplessità sui social.

Basti pensare che Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, regioni interessate dalla chiusura delle sale, dominano il mercato con 850 schermi su un totale di 1.830. Un 50% dei cinema è chiuso, l’altra metà è vuoto per isteria e panico da contagio.

Un quadro troppo pesante per tentare il suicidio di una proiezione. Tuttavia le pubblicità, gli stipendi di settore, gli impegni delle produzioni con i rientri dei fidi bancari e via discorrendo, continuano a produrre effetti, per cui è necessario uno stato di calamità artistico ad hoc preparato dal Governo.

È ormai chiaro che il vero nemico della pandemia mediatica è l’economia. Nell’ultimo week-end nel settore si son persi 4,4 milioni di euro, ma se per qualcuno il discorso è di nicchia, ci sono ristoranti ed albergatori a piangere miseria. In un mercato circolare non esistono settori più o meno interessati dal “sisma fobico”, inevitabilmente si patisce tutti assieme.

Il turismo – petrolio prezioso del nostro Bel Paese – è in forte contrazione. Si rischiano fallimenti a catena o volendo essere buoni, tesissime situazioni debitorie. Il momento è talmente sfuggito di mano che ovviamente gli sciacalli si sono messi all’opera, rincarando prodotti igienizzanti e mascherine a livelli esponenziali e del tutto irrazionali rispetto al reale pericolo in corso.

Ci viene incontro lo psicologo-psichiatra-psicoterapeuta Raffaele Morelli, che per il coronavirus consiglia lunghe passeggiate in campagna e l’interruzione del bombardamento giornalistico:

“Se continuiamo con questo ritmo di negatività entriamo in un vortice, in una spirale, dalla quale faremo sempre più difficoltà ad uscire. Ormai abbiamo creato un percorso tortuoso. Ci alziamo la mattina, accendiamo la tv e da quel momento diventiamo bersaglio di una serie infinita di passaggi che non fanno altro che renderci più tristi. È un tam-tam che non ci abbandona mai.”

S’è vero che la trappola è squisitamente mentale, il media nutre e ingigantisce la percezione del pericolo ed i rischi connessi alla contrazione del virus, nonostante il tasso di guarigione stimato del 95%. La paura è diventata come la Moda, s’accompagna alle stagioni con abiti che nessuno di noi indosserebbe quotidianamente. Eppure bramiamo di difenderci da un nemico indotto, inesistente, o non così minaccioso rispetto a molto altro.

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