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La sfida di Giulio Cavalli, 'giullare' sotto scorta: "Mafia, ti batto solo con l'arma della parola.. e dell'ironia"
"Se ricevo minacce vuol dire che ho raggiunto il bersaglio, la mafia si batte solo con la cultura". Giulio Cavalli, unico attore italiano sotto scorta, si confessa con Affaritaliani.it
Mercoledì, 19 agosto 2009 - 10:08:00
di Antonio Prudenzano
Al teatro e alla verità Giulio Cavalli sta donando la vita. Una scelta che ha sconvolto l’esistenza dell’attore e regista milanese classe ’77, costretto a vivere sotto scorta. Nei suoi monologhi Cavalli racconta quello che la maggior parte degli artisti italiani preferisce evitare: la mafia ad esempio, non solo quella fin troppo raccontata del Sud, ma soprattutto quella del Nord, della quale si fatica ad ammettere l’esistenza. Ma non solo: dalla strage di Linate del 2001 al G8 di Genova, fino al dramma del turismo sessuale infantile, il suo teatro di narrazione ha scavato nei lati oscuri della contemporaneità del nostro Paese con rara lucidità. Sono costate care a Giulio Cavalli (www.giuliocavalli.net) queste scelte, ma non per questo il fondatore della compagnia lodigiana "Bottega dei mestieri teatrali" si è arreso. Cavalli, attualmente direttore artistico del teatro Nebiolo di Tavazzano con Villavesco (Lodi), è l’unico attore italiano sotto scorta in Italia, eppure raramente i grandi media danno spazio ai suoi spettacoli senza compromessi, come "Do ut Des", su riti e conviti mafiosi, o "A cento passi dal Duomo. Le mafie del Nord". Ma lui va avanti, non può fare altrimenti, è questione di sopravvivenza, e in questo lo aiuta anche lo sguardo ironico che caratterizza le sue interpretazioni.
Cavalli, vivere sotto scorta come sta influendo sulla sua creatività?
"Se ricevo minacce allora vuol dire che sto davvero toccando delle corde sensibili, che quello che faccio raggiunge il suo 'bersaglio'. Mi danno quindi un motivo in più per andare avanti".
Cos’è che di lei spaventa i mafiosi?
"Hanno il terrore della parola, e la paura li porta a rispondere con gesti significativamente imbarazzanti. Sono goffi e incapaci di reagire a livello culturale, e la banalità nella forma delle loro gravissime minacce nei mie confronti lo dimostra. Visto quello che sto passando, resto convinto che la mafia può essere battuta solo con la cultura. Se questa convinzione diventa di massa, se la si mette sul piano dei valori e della bellezza, i mafiosi non avranno più scampo".
Per scrivere i suoi spettacoli si fa aiutare da giornalisti e magistrati. Ha quindi ancora fiducia nel giornalismo e nella magistratura?
"In Italia ci sono tanti bravi giornalisti, soprattutto tra i giovani, come pure tanti ottimi magistrati. Ho una visione estremamente positiva del giornalismo italiano, naturalmente mi riferisco a quello d’inchiesta. Noi teatranti, non avendo editori e padroni, siamo più liberi, e abbiamo il compito di dare loro spazio. Allo stesso tempo, rimango convinto che in Italia l’editoria pura non esista. Molto spesso è solo un ramo d’azienda".
(Segue/ La mafia al Nord in vista dell'Expo a Milano, il paragone con Roberto Saviano, l'omertà del teatro italiano, i teatri che rifiutano il nuovo spettacolo...)
![]() Giulio Cavalli |
Cavalli, vivere sotto scorta come sta influendo sulla sua creatività?
"Se ricevo minacce allora vuol dire che sto davvero toccando delle corde sensibili, che quello che faccio raggiunge il suo 'bersaglio'. Mi danno quindi un motivo in più per andare avanti".
Cos’è che di lei spaventa i mafiosi?
"Hanno il terrore della parola, e la paura li porta a rispondere con gesti significativamente imbarazzanti. Sono goffi e incapaci di reagire a livello culturale, e la banalità nella forma delle loro gravissime minacce nei mie confronti lo dimostra. Visto quello che sto passando, resto convinto che la mafia può essere battuta solo con la cultura. Se questa convinzione diventa di massa, se la si mette sul piano dei valori e della bellezza, i mafiosi non avranno più scampo".
Giulio Cavalli legge un'intensa lettera a suo figlio il 19 luglio 2009, in occasione dell'anniversario per la morte di Paolo Borsellino e della sua scorta. Palermo, via D'Amelio
Per scrivere i suoi spettacoli si fa aiutare da giornalisti e magistrati. Ha quindi ancora fiducia nel giornalismo e nella magistratura?
"In Italia ci sono tanti bravi giornalisti, soprattutto tra i giovani, come pure tanti ottimi magistrati. Ho una visione estremamente positiva del giornalismo italiano, naturalmente mi riferisco a quello d’inchiesta. Noi teatranti, non avendo editori e padroni, siamo più liberi, e abbiamo il compito di dare loro spazio. Allo stesso tempo, rimango convinto che in Italia l’editoria pura non esista. Molto spesso è solo un ramo d’azienda".
(Segue/ La mafia al Nord in vista dell'Expo a Milano, il paragone con Roberto Saviano, l'omertà del teatro italiano, i teatri che rifiutano il nuovo spettacolo...)



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