
di Alessandra Peluso
“Anno nuovo, vita nuova”: si ripete ogni anno, ma ogni anno non cambia nulla e addirittura per i più la vita è peggiorata. Siamo in Italia dove i problemi sono tantissimi e riguardano in particolar modo il popolo italiano, si alternano vari governi di destra e di sinistra, tecnici e non, ma la sostanza non cambia, mutatis non mutandis: il lavoro manca, aumenta la disoccupazione, manca la cultura, scarseggiano i princìpi di uguaglianza e libertà, c’è indignazione, sofferenza, necessità di cambiare totalmente tutto ciò che deve essere cambiato. Così Salvatore Settis, nel libro “Azione popolare. Cittadini per il bene comune”, Einaudi 2012, indica una possibile soluzione alle questioni economiche, politiche e sociali che affannano l’Italia ispirandosi come molti in quest’ultimo periodo alla Costituzione.
Parlare di Costituzione nel 2013 sembra vetusto o per adottare un termine modaiolo non italiano ma che oramai è annoverato nel dizionario di Italiano (i paradossi dell’Italia) kitsch. E invece per l’autore e non solo - mi auguro - è una possibile soluzione, un “manifesto” risolutivo per un “azione popolare” che ristabilisca il diritto di cittadinanza, imponendo un’agenda politica centrata sul bene comune.
La Costituzione è la carta dei diritti inviolabili dell’uomo da una parte, dall’altra i doveri delle istituzioni: Parlamento, Governo, Magistratura, Corte costituzionale, comune, province e regioni che hanno il compito di garantire tutti i diritti e i doveri dei cittadini da far rispettare.
La Costituzione della Repubblica italiana è entrata in vigore il 1° gennaio 1948, per molti morta e sepolta, per altri mai nata e per altri ancora è un’invenzione machiavellica.
Riflettendoci su da qualche tempo, penso invece che la Costituzione vada introdotta all’interno della vecchia “Educazione civica” nelle scuole di istruzione media e superiore e insegnata seriamente al pari o forse con qualche attenzione in più delle altre materie.
La Costituzione, ne è convinto, Salvatore Settis ha in sé un’impalcatura energicamente orientata al futuro. Certamente lo sono i «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» e i «diritti inviolabili dell’uomo» dell’art. 2, lo è il «progresso materiale e spirituale della società» indicato dall’art. 4 fra i doveri del cittadino, lo sono il «pieno sviluppo della persona umana» e la «pari dignità sociale» dell’art. 3. Lo è specialmente l’art. 9 che, prescrivendo la promozione della cultura e della ricerca e la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico dela Nazione, congiunge - si legge ancora - in uno l’eredità del passato (il patrimonio), il mobile scenario della vita civile (il paesaggio) e la creatività per il futuro (ricerca e cultura). A cosa sevono dunque le miriadi di leggi - molti lettori credo se lo chiederanno - quando possediamo un’arma da usare contro chi ignora gli obblighi verso le generazioni future, sacrifica sull’altare del profitto i valori dell’uguaglianza e della giustizia sociale?
Rappresenta la “bandiera da issare” contro chi “destra e sinistra” si sono preoccupati per anni di trovare un accordo per far cassa, ci hanno illuso con i loro programmi basati sulla crescita e lo sviluppo. Tuttavia, segni tangibili di crescita e sviluppo se ne vedono pochi, cresce lo “spread” e sviluppa la cementificazione. E la cultura? L’istruzione?
Si rischia di cadere in un oceano tenebroso, in un abisso senza fari e senza sponde, come direbbe Kant. I nostri cari politici, rappresentanti di uno Stato di cui noi cittadini ne facciamo parte (non ne sono convinta) non sembra si preoccupino di istruire il popolo italiano. Ed infatti i segni tangibili, evidenti di una mancata istruzione ci sono: princìpi, valori, rispetto, uguaglianza, libertà, persona che costituiscono l’etica, un’etica che miri a realizzare il “bene comune”, e a fornire i mezzi per raggiungere tale fine, se n’è parlato e scritto abbondantemente da Aristotele a Jonas, è studiata da molti studenti mi auguro ancora l’etica come branca della filosofia, considerandole materie poco utili. Si rischia infatti di cadere ancora una volta in temi per molti sconosciuti e ancor peggio da altri derisi. Parlare di etica sembra come per gli atei parlare di Dio.
È necessario, indispensabile, parlare di etica e di filosofia in quanto è parlare di vita, anzi è vivere la vita: la nostra vita quotidiana. Sapere aude!
Riprendendo la Costituzione, cito le riflessioni del libro di Salvatore Settis, “Azione popolare. Cittadini per il bene comune”: «L’Italia ha nella Costituzione un ordinamento che non contempla l’asservimento dello Stato alla dittatura del mercato, ma assicura una gerarchia di valori dominata dalla sovranità popolare e da una mirabile mappa di diritti: al lavoro, alla salute, all’eguaglianza, alla libertà, alla cultura, alla democrazia. Dobbiamo portare alla luce e far esplodere la drammatica divaricazione fra questo orizzonte dei diritti e le pratiche di governo che in nome della dittatura dei mercati li ignorano, comprimono la giustizia e svuotano di sostanza la democrazia