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Culture
“Occhi scuri”. L’esordio letterario di Marianna Santagata

di Antonio Magliulo

Amore, amicizia, dubbio, pathos, mistero… questi in sintesi i principali ingredienti di “Occhi scuri”, (0111 Edizioni) esordio letterario di Marianna Santagata, giovane partenopea, diplomata al liceo classico, laureata in comunicazione e dedita alla danza.

La trama (che è scritta in corsivo e si consiglia di saltare a chi intende leggere il romanzo) parla di Helle e Jonas, due creature che si conoscono sin da piccole. Lui l’aiuta a costruire aquiloni e lei gli legge racconti. I ragazzi sembrano inseparabili, finché qualcosa accade a Jonas, qualcosa che getta Helle nell’angoscia. La ragazza prova a ricostruire l’accaduto, perchè il suo amico le aveva preannunciato che gli sarebbe occorso qualcosa di grave. Ma cosa? Si chiede la ragazza. Perché nessuno, fra amici e conoscenti, parla? Perché non dicono la verità? Questi sono gli interrogativi più assillanti. Helle comincia a sospettare di tutti, specialmente delle persone più vicine. Tenta di fare chiarezza, di mettere insieme i pezzi del rompicapo, ma l’operazione non è semplice. Cos’è accaduto alla persona che ama tanto? Quali segnali non è stata in grado di captare? L’incontro con Robbie, un giovane che vive sul mare, sembra essere la chiave dell’enigma, ma tutto si complica quando anche suo padre le confessa di aver mentito.

Bisogna arrivare alla seconda parte del libro per venire a capo dell’intera vicenda, quando la coltre di mistero si dirada e la verità finalmente si svela in tutta la sua tragicità, riservando passaggi di toccante poesia.

Per raccontare il dramma celato nell’animo di Helle, l’autrice adotta una soluzione - se non inedita - alquanto singolare: alterna dialogo interiore e flusso di coscienza, cosicchè i personaggi  fanno delle frequenti riflessioni sui propri stati d’animo e si abbandonano inoltre a pensieri estemporanei, che esulano dallo stretto filo logico del racconto, conservando però un’intima attinenza con esso.

A un certo punto, la scrittrice modifica la tecnica espositiva, sicchè l’Io narrante passa dalla terza alla prima persona, la voce del personaggio principale si sostituisce alla sua e il racconto si tramuta in sfogo e confessione.

E’ qui che si palesano gli aspetti più complessi della vicenda, quelli che inducono Helle ad un’incessante e dolorosa autoanalisi, rivelando per altro la notevole conoscenza che l’autrice ha delle dinamiche comportamentali.

La prosa del libro è originale, piacevole, elegante, segno della dimestichezza che ella ha con la scrittura. Nel testo si ravvisa per altro l’adozione di vari registri linguistici, indizio di uno sperimentalismo abbastanza diffuso fra gli esordienti; ma quel che emerge di più è la vocazione affabulatoria, ovvero la facilità d’ideare e raccontare, dote che non è da tutti.

Come sempre, la vicenda si dipana fra momenti narrativi e descrittivi, alcuni dei quali davvero rimarchevoli: “Era un giorno di fine settembre che si era succhiato via l’estate con impetuosità. Suo padre era diventato un puntino lontano, un granello di sabbia attaccato a un altro, portato via dal vento.” E ancora: “La loro amicizia nacque così. Ci sono quelle cose inaspettate, colpi di vento, inciampi improvvisi. Movimenti del cosmo, dei microcosmi. Due microcosmi che vengono in contatto, la rottura della norma. Due mani che si uniformano, una un po’ più grande dell’altra, almeno di una falange.” Qui sembra di respirare certe atmosfere baricchiane, in cui la narrazione vera e propria si arresta, per dare spazio a considerazioni filosofiche cariche di lirismo.

Proseguendo nella lettura, si scopre che il libro presenta degli aspetti interpretabili anche in chiave esoterica, così ad esempio Robbie, il giovane barcaiolo, amico e confidente della protagonista, potrebbe essere visto pure come guida, traghettatore e tramite con l’Ignoto.

“Occhi scuri” può considerarsi un percorso interiore verso la liberazione dai dubbi e dai sensi di colpa, ma pure un viaggio nel mistero della vita e della morte. 

Per questo Elle, la sensibile e tenace protagonista della storia, si reca ogni giorno sullo “Strapiombo”, siede su uno spuntone di roccia e resta ad osservare l’ampia distesa liquida che ha dinanzi… perché la considera simbolo dell’Arcano.

Molti si recano a contemplare il mare, per interrogarlo e carpirne i segreti; aguzzano lo sguardo e lo spingono lontano, ritenendo che le persone scomparse si trovino nel luogo indefinito che sta oltre la linea dell’orizzonte.

E’ lì che cercano i propri cari, in quel limbo d’assoluta purezza, nell’azzurro incontaminato, dove il cielo si china e tocca il mare.

 

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