Tsipras prova a sganciarsi dalla troika. Ecco come Atene rinegozierà il debito
E' il segreto di Pulcinella, ma non ditelo ad Angela Merkel e Wolfgang Scheuble: in caso di vittoria, più che probabile, Alexis Tsipras, leader di Siryza, la sinistra populista greca che sembra destanata a vincere con un margine più o meno ampio le elezioni di fine gennaio, non chiederà per nulla l'uscita dall'euro, con buona pace di grillini e leghisti nostrani, ma molto più concretamente tratterà una ristrutturazione del debito greco, che nel complesso è pari 318 miliardi di euro, ma di questi ben l'80% è nei confronti solo della "troika" Bce-Ue-Fmi.
Debito che può sembrare poca cosa rispetto alle cifre in gioco in Italia (2.157,5 miliardi a fine ottobre secondo gli ultimi dati della Banca d'Italia), ma che rappresenta il 175% del Pil greco. Un livello che lo rende di fatto già ora sostanzialmente irredimibile come ha ricordato in settimana anche Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos Partners, il problema essendo dunque solo quello di trovare la forma tecnica che meglio garantisca i residui interessi dei creditori e consenta a entrambe le parti di salvare la faccia perché da che mondo è mondo anche se un re è nudo non bisogna mai dirlo troppo apertamente.
Sul proprio debito nei confronti della "troika" già ora Atene paga un tasso nominale dell'1,5%, che di fatto raddoppia in termini reali perché il paese è in deflazione (-1,245% il dato a novembre dello scorso anno). Sul mercato invece i titoli decennali greci trattano tuttora a valori residuali, esprimendo un rendimento nominale lordo del 9,9% annuo (e dunque attorno all'11% reale lordo), rendendo impraticabile per ora ogni ipotesi di rifinanziamento di Atene attraverso il ricorso al mercato, se non per "modiche quantità" assorbibili da investitori specializzati in investimenti ad alto rischio come i fondi hedge.
Perché Atene possa affrancarsi dall'abbraccio della "troika" in teoria potrebbe bastare un programma di quantitative easing da parte della Bce, il cui lancio viene dato sempre più probabile dal mercato (specie dopo che ieri Mario Draghi ha ufficialmente ipotizzato, in chiave anti-deflazione, l'acquisto "anche di titoli di stato" in una lettera inviata a un deputato Ue). In realtà il QE della Bce potrebbe non servire se Atene non fosse giudicata solvibile e dunque i suoi titoli non potessero essere acquistati dalla Bce stessa. E' necessario a questo punto un accordo politico prima ancora che finanziario: Tsipras dovrà impegnarsi a varare comunque "rigorose" riforme a garanzia della solvibilità del paese, sulla cui esecuzione potrebbe poi avere qualche margine di manovra (in ogni caso essendo a quel punto un problema greco e non europeo).