Economia
Tsipras prova a sganciarsi dalla troika. Ecco come Atene rinegozierà il debito
In cambio la "troika" allungherebbe la durata del debito (già ora superiore ai 30 anni), magari anche con una ulteriore riduzione dei tassi applicati nel caso di una restituzione integrale dei prestiti a Bce e Fmi e la sostituzione dei 195 miliardi di debito verso la sola Ue con un "perpetual bond" che verrebbe eventualmente ammortizzato gradualmente se e quando la crescita tornerà a manifestarsi in modo tangibile anche in Grecia (paese che dalla crisi del 2010 a oggi ha bruciato un quarto del proprio Pil e che tuttora soffre di una disoccupazione pari al 26,1% (dato di luglio).
Piccola ma non trascurabile postilla: il "rischio contagio" per il momento viene giudicato limitato, dato che Irlanda e Portogallo sono avviati decisamente verso un ritorno alla "normalità" e che la Spagna a sua volta sembra essere uscita dalla zona di emergenza in cui era venuta a trovarsi. Ma in base a come si chiuderà il negoziato tra Grecia e "troika" si potrà capire se, quando e in che misura potrà avvenire in futuro una ristrutturazione anche del debito italiano. Perché il vero elefante nella cristalleria dell'Unione europea resta proprio l'Italia, paese che da quasi un ventennio non riesce a crescere, che continua a pagare interessi sul debito pari a circa il 4,5% del proprio Pil.
Purtroppo l'Italia, fintanto che l'inflazione resterà lontana dal 2% e il Pil non crescerà almeno di altrettanto in termini reali, continuerà a vedere un incremento del rapporto debito/Pil nominale (già a fine giugno pari al 133,8% del Pil), che è poi quello alla base degli accordi europei. Alternative non ce ne sono, a meno di non voler continuare ad aumentare le tasse (già elevate) e/o tagliare la spesa pubblica (già ora a livelli difficilmente comprimibili, specie sulla parte relativa agli investimenti, salvo affrontare in misura drastica una ridefinizione del perimetro del welfare).
Il problema, o la fortuna, a seconda dei punti di vista, è che a differenza che nel caso greco, una ristrutturazione del debito pubblico italiano farebbe molto male agli investitori privati ed è pertanto tassativamente esclusa, al momento, da ogni ipotesi di lavoro. Attenzione però che il debito è ormai in larga parte in mano agli italiani (solo il 35,6% del debito italiano è in mani estere secondo gli ultimi dati di Banca d'Italia, contro il 51,4% toccato nel 2006) e questo alla lunga potrebbe rendere meno "improbabile" l'ipotesi. Così l'esito del caso greco e i suoi impatti sulle misure straordinarie che la Bce varerà nei prossimi mesi resta un fattore da non trascurare anche da parte degli investitori tricolori.
Luca Spoldi