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Se alla fine ci si accorderà per attribuire un enterprise value di 14 miliardi di euro alla rete (il che implicherebbe un investimento di CdP tra i 2,8 e i 3,2 miliardi di euro), si otterrebbe un multiplo implicito pari a 6 volte l'Ebitda, "molto sopra le 4 volte" a cui implicitamente scambia oggi il titolo Telecom Italia in borsa, e nel caso di una "valutazione più "normale" di 4,5 volte l'Ebitda al resto del business retail", questo comporterebbe un incremento potenziale delle quotazioni delle azioni ordinarie "fino a 0,85 euro" (contro un livello attuale di poco inferiore agli 0,65 euro). Tra il dire e il fare rischia tuttavia, per gli analisti, di mettersi di mezzo una serie di termini regolatori, tanto più che la Ue sta per varare una nuova regolamentazione di settore e che l'Agcom dovrà definire prezzi di accesso e remunerazione degli investimenti.

"E' ragionevole ipotizzare - proseguono gli esperti - che le condizioni probabilmente imposte da Cdp possano tradursi in un mercato più competitivo e in una posizione molto più debole per Telecom Italia Retail", specialmente se si arrivasse ad "una società  della rete separata" che fosse "obbligata a servire ugualmente tutti gli operatori, probabilmente eliminando qualche vantaggio di cui Telecom oggi gode". Al contrario uno scorporo degli asset "open access" (rete di accesso in rame e in fibra, torri, infrastrutture civili, cavidotti, tubazioni e gallerie, sistemi di alimentazione) che venisse accompagnato da una regolamentazione europea e nazionale che incentivi gli investimenti potrebbe rivelarsi vantaggioso.

Altra variabile critica riguarderà quanta parte del controvalore ottenuto dall'ex monopolista telefonico italiano sarà utilizzato per ridurre l'indebitamento, come hanno già segnalato più volte tanto Fitch quanto Moody's (che di recente ha "minacciato" di ridurre il rating del gruppo in caso di sorprese negative). L'attuale controllo della rete costituisce infatti un chiaro vantaggio strategico, specie in un paese come l'Italia dove di fatto non esistono al momento altre reti fisse concorrenti ed in una fase come questa di mutamenti tecnologici nella quale non è ancora chiaro quale sarà la domanda dei consumatori per i nuovi servizi.

Rinunciare a una gallina domani per un ovetto oggi è dunque un rischio ben presente agli analisti che prima di sbilanciarsi vogliono conoscere i dettagli dell'operazione. Sempre gli uomini di Bernstein stimano, ad esempio, che il business retail di Telecom Italia vedrebbe l'Ebitda calare del 30%-35% nei prossimi tre anni dai valori attuali, rispetto ad una stima "sic stantibus" attorno al 20% nello stesso periodo. Un simile calo dei margini porterebbe il fair value implicito del business retail sui 17 miliardi di euro, pari ad un prezzo dell'azione "ex scorporo" di 0,41-0,37 euro, in attesa che il progetto di realizzazione di una rete di nuova generazione che colleghi le 30 città italiane individuate da Telecom Italia e Metroweb si traduca in un nuovo flusso di ricavi e profitti.

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