Pmi, quei dipendenti sleali che vanificano la concorrenza
di Claudio Gandini
Quale potrà essere il futuro prossimo di questo Paese? Le voci si rincorrono, la fiducia ritorna, il cammino sembra meno incerto. Inutile nascondersi che il futuro è nelle mani degli imprenditori, che tornano a scommettere, che di nuovo investono, che si aprono ai mercati, che provano a superare i propri limiti, guardando alla complessità del mondo, nella certezza di essere portatori di valori. Andare sul mercato significa accettare la concorrenza, perché il mercato è libero. Significa avere la consapevolezza di essere da sempre così bravi, che nessuno in termini di storia personale, vissuto familiare o imprenditoriale, tradizione, intelligenza, tecnologia, ricerca, può essere superiore. Non è arroganza.
E' storia di un Paese consapevole che quello che viene fatto o prodotto qui spesso non ha eguali. Se il libero mercato è il cardine di chi fa impresa, occorre però che la concorrenza sia leale, cioè fondata su uguale impegno in termini di investimenti, ricerca, sviluppo. Molto spesso l'imprenditore avverte che così non è.
Non stiamo parlando della contraffazione, che pure esiste e contro cui sembrano esistere strumenti giuridici efficaci. Stiamo parlando della concorrenza sleale, che l'imprenditore avverte, si potrebbe dire sulla propria pelle, in relazione alla quale si sente privo di strumenti di difesa.
Così non è.
Una recente sentenza della Corte Suprema di Cassazione ha riconosciuto la concorrenza sleale nell'acquisizione tramite storno di dipendenti di notizie riservate di un'impresa concorrente.
In particolare, a seguito della trasmigrazione di un dipendente, un'impresa dolciaria, operante sul territorio dell'Unione europea aveva acquisito informazioni riservate su prodotti, fornitori, metodi di lavoro. Ricerche condotte in Germania avevano consentito di rinvenire prodotti del tutto simili a quelli dell'impresa italiana dalla quale proveniva il dipendente stornato.
Occorre qui ampliare il discorso sulla concorrenza sleale: com'è noto agli imprenditori essa riguarda la concorrenza fra imprese in un ambito territoriale potenzialmente comune.
E' evidente che deve essere dimostrata la volontà di recare danno all'azienda del concorrente, ma, a mio giudizio, la sensibilità degli imprenditori è facilmente in grado di verificare questo.
Le lamentele degli imprenditori non sono pretestuose. Quella che deve essere loro offerta è la possibilità di verificare se le loro intuizioni possono trovare ascolto e difesa.
La legge cautela l'imprenditore dalla concorrenza sleale.
Lo fa con l'articolo 2598 del codice civile, che offre la possibilità di difendersi, non solo dall'imprenditore concorrente, ma anche da chi lavorando nell'azienda in modo stabile o occasionale, abbia tenuto comportamenti o abbia compiuto atti a vantaggio di altro imprenditore, per istigazione o incarico dello stesso.
La legge difende anche da chi metta in atto uno storno di dipendenti, che è cosa diversa dalla semplice assunzione di dipendenti da parte di un concorrente, di per sé legittima.
Quello che è illecito, infatti, è il fatto che un imprenditore concorrente si proponga, attraverso il passaggio di dipendenti, di vanificare lo sforzo di investimento del suo antagonista.
Il diffuso malessere nei confronti della giustizia, porta a rinunciare in partenza alla salvaguardia dei propri diritti. Questo è un passaggio pericoloso; nessuno vuole qui invitare ad inutili battaglie. Certamente, però, un Paese cresce, se si rispettano le regole.
Un'azione di contrasto nei confronti della concorrenza sleale è possibile in vari modi: in primo luogo, individuando con certezza se in termini di diritto esistono effettive lesioni che potrebbero essere portate davanti all'autorità giudiziaria. In secondo luogo, affidando ad un avvocato di fiducia la gestione di un'azione volta a salvaguardare con fermezza, rifacendosi alla giurisprudenza, i diritti lesi, provando in questo modo a portare alla luce e fermare i comportamenti scorretti dell'altra impresa.
Solo successivamente si adirà l'autorità giudiziaria.
Deve forse nascere un diverso rapporto tra imprenditore e consulenti giuridici, sempre più necessario nella fase di progettazione e nella fase di espansione di un'impresa.
E' innegabile che la crisi in atto, come ha costretto le imprese a uscire da sé per diventare migliori, ha costretto e costringe i professionisti a riflessioni profonde sul loro ruolo e la loro importanza.