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Economia
"Il rialzo tassi? Non è un male. Ecco perché sono fallite Svb e Credit Suisse"
Avvocato Maurizio Irrera

"Verso una nuova crisi finanziaria del 2008? Non credo". Intervista all'avvocato Maurizio Irrera

Professor Irrera, lei è uno dei massimi esperti italiani di crisi d’impresa. Avvocato, docente universitario e autore di pubblicazioni fondamentali su questo tema, membro di cda di aziende di primo piano e fondazioni bancarie. Possiamo dire che gode di una visuale a 360 gradi sullo stato di salute del sistema produttivo e sul nesso tra questo e quello bancario. Iniziamo da quest’ultimo: nelle ultime settimane prima Silicon Valley Bank, poi il salvataggio in extremis -e per alcuni versi controverso- di Crédit Suisse: siamo di fronte al riproporsi di quanto accaduto nel 2008 con il crack Lehmann?

"Non credo; si tratta di cause diverse, nel caso USA la Silicon Valley Bank aveva investito l’enorme massa di liquidità a disposizione (oltre 200 miliardi di dollari!), per una parte, in un solo settore, quello delle start up innovative e nell’high tech, che nel 2022 è entrato in crisi e, per l’altra, nel mercato obbligazionario del debito pubblico americano, titolo sicuro che offriva però un rendimento molto basso e che, appena partita l’inflazione, ha subito perdite assai significative. C’è poi da considerare che solo il 3% dei clienti aveva depositi inferiori a 250.000 dollari che è la soglia garantita: insomma, una banca atipica che, invece, di godere come hanno fatto molte banche universali europee dell’espansione della forbice dei tassi, è stata fortemente penalizzata dall’inflazione". 

"Credit Suisse", contina, "è un caso diverso: è una banca che ha avuto grandi problemi negli ultimi anni, tra presunti illeciti, sanzioni, riciclaggio ed evasione fiscale, il tutto accompagnato da ingenti perdite di bilancio; ma si tratta di un istituto too big to fail ed infatti si è trovato subito un acquirente (UBS che pagherà 3 miliardi di franchi) e la Banca Centrale svizzera metterà a disposizione una swap line di oltre 100 miliardi di franchi. Per certo anche il mercato dei titoli bancari è fortemente volatile in queste settimane, ma non mi pare che alle porte ci siano le conseguenze di quanto accaduto nel 2008 con il crack Lehmann, anche se la speculazione finanziaria non manca certo se è vero quanto si legge in questi giorni ovvero che ci siano vendite allo scoperto di titoli bancari europei per oltre 30 miliardi di euro".

Se guardiamo agli ultimi tre anni i detonatori di una crisi strutturale non sono mancati: prima la pandemia, poi il riaccendersi dell’inflazione negli ultimi mesi del 2021 sulla quale si sono innestati gli effetti della guerra in Ucraina -soprattutto per quanto riguarda l’aumento vertiginoso dei costi dell’energia- infine, a partire dalla seconda metà del 2022, l’avvio di politiche monetarie restrittive da parte delle banche centrali per raffreddare un’inflazione che non si vedeva a questi livelli da quarant’anni. Poteva essere un cocktail micidiale destinato a travolgere l’economia reale, eppure -nonostante le difficoltà- il sistema delle imprese al momento ha complessivamente retto. Resilienza o la crisi precedente aveva già, per così dire, fatto selezione?

"La resilienza di molte imprese si accompagna sempre alla selezione naturale di quelle più deboli ed esposte. Il costo dell’energia si sta riducendo rapidamente e certamente i governi europei  – chi più chi meno, in rapporto allo stato di salute del loro paese – hanno cercato di sostenere famiglie ed imprese; alcuni effetti poi saranno a scoppio ritardato: è pur vero che chi non ha pagato si è visto tagliare le forniture, ma chi doveva incassare non lo ha fatto ed ora si iniziano a vedere gli effetti sui conti di chi fa trading di energia".

"Le guerre creano incertezze, ma anche grandi occasioni di guadagno “lecito”, secondo i versi di Trilussa “la guerra è un gran giro de quatrini che prepara le risorse pe’ li ladri de le Borse”. L’inflazione da ultimo è vero che impoverisce le famiglie a reddito fisso, ma avvantaggia, ad esempio, il rimborso del debito pubblico, come si è visto col grande successo dell’ultima asta di Bot ad un anno".

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