
@andreadeugeni
Che sia il nuovo Re Mida di Piazza Affari? Dovrebbe sfoderare un'altra performance di questo tipo per confermare il suo talento capace di trasformare in oro tutto ciò che tocca.
Certo è che l'uscita dalla parte alta della catena di controllo di Pirelli ha fruttato a Vittorio Malacalza, padre-imprenditore di una famiglia genovese, ma originaria di Bobbio, ben 160 milioni di euro: 60 milioni di plusvalenza rispetto ai 100 inizialmente sborsati nel periodo 2009-2011 quando è iniziata la luna di miele con il numero uno di Pirelli Marco Tronchetti Provera. Un ritorno del 60% sull'investimento. Cash che Malacalza ha immediatamente reinvestito per mettere le mani sul 6,98% di Pirelli acquistato da Allianz e da Fondiaria-Sai, soci storici, ma in odore di uscita da molto tempo. Con l'autorizzazione del patto di sindacato i due azionisti hanno svincolato le quote (Allianz il 4,41%; FonSai il 2,57%, restando però nel Patto con l'1,85%) e venduto a 7,8 euro per azione, con uno sconto quindi del 12,5% rispetto al prezzo di chiusura di ieri (8,915 euro), a Malacalza Investimenti.
L'assegno è stato staccato, dopo quasi un anno di contenzioso e tre notti di estenuanti trattative, da Tronchetti, un incasso per gli imprenditori liguri che hanno raggiunto un accordo per cedere tutte le quote detenute nelle holding (30,94% di Gpi e il 12,37% di Camfin) pari a circa il 25,6% di Camfin a un prezzo di 0,80 euro per azione. Il pacchetto era in carico ai genovesi a poco meno di 0,55 euro per azione.
Anche se a caro prezzo, Tronchetti è riuscito a garantirsi il riassetto-accorciamento della catena societaria che da Gpi arriva fino a Pirelli. Operazione che, oltre a prevedere anche "la transazione sull'intero contenzioso in essere tra le diverse società riconducibili a Malacalza Investimenti e le società controllate da Marco Tronchetti Provera" (dice la nota Camfin che ha annunciato al mercato i dettagli dell'operazione), garantirà un assetto azionario più stabile al colosso degli pneumatici e a Tronchetti di mantenerne saldo il controllo del gruppo. Anche per preparare per tempo nel prossimo quadriennio (tanto dura il nuovo patto di sindacato) la sua successione nella gestione.
La vendita del 12,37% di Camfin diretto ceduto alla newco Lauro Sessantuno (partecipata dal fondo Clessidra, Intesa, Unicredit e Nuove Partecipazioni, a sua volta partecipata da Gpi, Mtp Partecipazioni, Yura International, Vittoria Assicurazioni e Fidim) più un altro indiretto 13,2% indiretto già nelle disponibilità di Gpi spiana finalmente la strada all'Opa sul resto del capitale di Camfin a 0,8 euro per azione e al successivo delisting delle azioni. Nell'operazione, Clessidra, Intesa e UniCredit investiranno inizialmente per cassa nel capitale della newco rispettivamente 91 milioni, 41 milioni e 41 milioni, cifre che potranno aumentare rispettivamente fino a un massimo di 150 milioni di euro, 115 milioni di euro e 115 milioni di euro in caso di piena adesione all'Opa.