La Germania frena. Matteo ha sbagliato i conti. #renzinoncifregare

di Andrea Deugeni
@andreadeugeni
La produzione industriale tedesca continua ad andare a passo di gambero. A maggio, infatti, è scesa dell'1,8% mensile, il passo indietro più grande da due anni a questa parte, dopo il -0,3% di aprile. Un trend che, secondo l'economista Mario Seminerio (nella foto a sinistra), uno dei più noti blogger del web sui temi economici, "fa parte di un più generale rallentamento dell'Eurozona e che costringerà il premier italiano Matteo Renzi a mettere mano al Documento di economia e finanza". Documento definito dall'esperto un "autentico libro dei sogni, perché contiene stime sul Pil sbagliate". Secondo Seminerio, "Renzi dovrà inoltre imbastire una manovra correttiva, circa 8-10 miliardi, che molto probabilmente verrà condonata dall'Europa che ci concederà la flessibilità che l'Italia sta incessantemente richiedendo".
A maggio la produzione industriale in Germania è scesa dell'1,8% mensile, il passo indietro più grande da due anni a questa parte, dopo il -0,3% di aprile (dato rivisto dall'iniziale -0,2%). Gli analisti si aspettavano che restasse invariata. Cosa sta succedendo alla locomotiva tedesca?
"Nulla di particolarmente problematico. Con buona probabilità questo dato di produzione industriale restituisce la crescita robusta in termini relativi che c'è stata nel primo trimestre quando l'aumento del Pil è stato molto forte anche per l'inverno piuttosto mite. Condizione che aveva favorito lo sviluppo delle costruzioni, trend di cui si era beneficiata la Germania. Nel dato della produzione industriale di maggio, invece, si rileva una forte contrazione dell'attività nel settore delle costruzioni, 'preso a prestito' nel trimestre precedente, quando l'economia era cresciuta invece dello 0,8%. C'è poi un altro elemento che ha pesato sul datro negativo di maggio".
Quale?
"Il numero è stato influenzato anche dalla stagionalità: a maggio ci sono stati molti giorni di vacanza. E' possibile quindi che il dato di giugno tenda a rimbalzare. Infine, hanno pesato anche gli effetti negativi del conflitto Russia-Ucraina, conflitto che si è svolto alle porte dell'Europa, i cui effetti si sono riverberati anche sull'attività economica tedesca. E' in atto anche un generale rallentamento dell'Eurozona. Se la Germania passa da una crescita del Pil dello 0,8% a uno 0,5%, tutte le altre economie limitrofe seguono a ruota nei loro ordini di grandezza. Soprattutto l'Italia, anello debole del sistema e fanalino di coda".
Quali sono i fattori che hanno causato questo indebolimento?
"La crescita dell'Eurozona resta molto fragile, minacciata da elementi di incertezza, come il trend dell'Est europeo, area di forte vulnerabilità, la minore domanda di merci tedesche da parte dei Paesi emergenti, Brasile, Russia, India e Cina (dove la Merkel non a caso in missione in questi giorni), in primis. Infine, c'è una pressione disinflazionistica che in alcuni Paesi rischia di diventare deflazione vera e propria e che ha un effetto frenante sui consumi e in ultima battuta sulla crescita".
C'entra anche un cambio euro-dollaro sempre troppo forte che non aiuta le esportazioni?
"Non direi. Non c'è un eccesso di rigidità fiscale in Europa. Il cambio euro-dollaro è sostenuto dal fatto che l'area euro registra un avanzo delle partite correnti, da una diversificazione in corso delle riserve valutarie da parte dei gestori finanziari globali, dal rimpatrio dei capitali e dal fatto che i mercati ritengono che nei prossimi mesi il presidente della Bce Mario Draghi dovrà inventarsi qualcos'altro. Quest'ultima è una motivazione speculativa".