
E' ancora lui, il "redditometro" (che gli addetti ai lavori chiamano "accertamento sintetico di tipo induttivo") a togliere i sogni agli italiani, assieme alla crisi e alla difficoltà di trovar lavoro per se e i propri figli. Lo strumento in realtà non è nuovo essendo presente nell'ordinamento fiscale italiano fin dal 1973, ma dopo essere stato potenziato nel 2010 (Decreto legge n. 78/2010) lo strumento è stato ulteriormente "messo a punto" per cercar di "stanare gli evasori" secondo quanto dichiarato dal direttore dell'Agenzia delle Entrate, Attilio Befera. E proprio le ultime novità sembrano spaventare molti contribuenti oltre a imprenditori e commercianti che temono una possibile ricaduta, negativa, dei consumi.
Il "redditometro 2.0" come alcuni lo hanno già ribattezzato farà scattare, si stima, 35 mila controlli in tutta Italia a fronte di un primo campione di 70 mila dichiarazioni (su un totale di 22 milioni di nuclei familiari cui il "redditometro" si applica). Controlli che scatteranno nel caso di uno scostamento del 20% delle spese rispetto al reddito dichiarato (del 33% qualora il contribuente oggetto di accertamento sintetico sia imprenditore individuale o lavoratore autonomo, coerente agli studi di settore) e che porteranno all'invio di un questionario con cui l'Agenzia delle Entrate chiederà informazioni giustificative in merito alla provenienza del denaro usato per fronteggiare le spese sostenute.
Per verificare la rispondenza del reddito rispetto a quanto dichiarato gli uomini di terranno conto degli acquisti e degli investimenti /risparmi realizzati dai contribuenti (al netto dei disinvestimenti) confrontandoli coi redditi dichiarati a partire dal 2009 (ossia quelli indicati a partire dalla dichiarazione del 2010). In teoria, visto che il reddito disponibile altro non è che la somma di consumi e risparmi tutto dovrebbe filare liscio in caso di dichiarazioni non mendaci e dunque i contribuenti onesti non dovrebbero temere nulla, in pratica siccome il software utilizzato dall'Agenzia delle Entrate per effettuare i controlli (e produrre la tabella in cui verranno segnalati gli eventuali scostamenti sulla cui base inviare i questionari) pur basandosi su dati di spesa reali vede alcuni gruppi di spesa fondati su stime Istat, qualcosa potrebbe andare storto.