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Economia
"Salario minimo? Conquista storica": su Affari parla la deputata Ue Rondinelli
Daniela Rondinelli - Europarlamentare M5s

Salario minimo, l'Europa mette il primo mattone verso la rivoluzione nel mondo del lavoro 

Ieri il Parlamento europeo ha messo il primo mattone concreto di una rivoluzione che rappresenta una delle più grandi svolte di un’Europa vicina davvero ai cittadini europei e solo lontana parente di quella superrigorista che conoscevamo prima del covid 19. Una svolta che arriva più o meno un anno dopo quella del Recovery Fund messo in campo come superarma contro la crisi generata dalla pandemia. 

Ieri il Parlamento ha votato con una maggioranza importante per la direttiva sul salario minimo che interviene sulla difesa della dignità degli stipendi dei lavoratori e della competitività delle aziende italiane e europee che per rispettare tale dignità vengono danneggiate da imprese che pagano salari così bassi da favorire delocalizzazioni aggressive e prezzi altrettanto aggressivi. 

Quello che tecnicamente gli economisti chiamano dumping. Questo voto rappresenta quindi una svolta davvero clamorosa e un risultato di una lunga trattativa interna al Parlamento Europeo. Una delle forze politiche più decise su questa battaglia storica, a favore di tutti i lavoratori europei e delle aziende socialmente responsabili nel continente, è stato il Movimento 5 Stelle

Ma ad allargare con tantissimi emendamenti e molte mediazioni progressive è stata in particolare una parlamentare europea del M5S che si chiama Daniela Rondinelli e che il nostro giornale ha sentito in questi anni. Per questo abbiamo voluto intervistarla in un momento così clamoroso per uno snodo nella storia del Parlamento Europeo e anche per il rilancio dell’Italia a misura di lavoratori e di imprese. 

Salario minimo, l'intervista di Affari alla parlamentare europea Rondinelli (M5S) 

Onorevole Rondinelli, un anno dopo la proposta della Commissione Affari Sociali, il Parlamento Europeo ha detto il primo “sì” alla direttiva sul salario minimo.  

Proprio così. Un giorno che non dimenticheremo. Quello sul testo della direttiva presentata dalla Commissione europea nell’ottobre 2020 è stato un lavoro a ostacoli, il risultato raggiunto ieri (11 novembre, ndr) all’Eurocamera è una grandissima conquista per milioni di lavoratori europei e italiani che negli ultimi anni hanno visto diminuire salari e redditi. Pensiamo soltanto alle donne e ai giovani sui quali gli effetti della crisi economica innescata dalla pandemia di Covid-19 hanno pesato di più aggravando situazioni già molto precarie e non dignitose.

Un anno fa, la presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen ha ricordato che il salario minimo europeo “avrebbe creato le basi per una ripresa equa, inclusiva e resiliente”. Quella che il voto di ieri potrebbe davvero aiutare a garantire ai lavoratori italiani e europei.

Assicurando, nondimeno, la competitività delle tantissime aziende italiane e europee che subiscono da anni la competizione ostile di Paesi con una legislazione che consente salari umilianti per i lavoratori ma così convenienti per certe imprese da favorirle rispetto a aziende corrette e socialmente responsabili in Paesi con legislazioni più vicine ai lavoratori e alle imprese.

Il risultato del lavoro martellante e di mediazione di questi anni e mesi Suo e dei parlamentari europei con cui ha portato avanti questa impresa è un successo di tutti. Ma di sicuro anche una risposta concreta ad una affermazione, in una intervista al Corriere della Sera, del Presidente della Camera, Roberto Fico, che ha detto: “Il M5S sia forza propulsiva su salario minimo e diritti”. 

Quello di ieri è un successo di tutta l’Europa all’altezza della sua vera missione per  cui l’abbiamo fondata e per cui ci sentiamo orgogliosamente europei. Non più l’Europa cattiva e distante ma quella vicina e costruttiva, l’amica degli europei e non il gendarme. Per noi del M5S la soddisfazione è particolarmente forte e continuerà a spingerci a non mollare nei prossimi giorni in vista del secondo voto.  

Perché abbiamo contribuito a migliorare, e di molto, il testo presentato dalla Commissione. Sono passati tutti i nostri emendamenti che hanno rafforzato la funzione del salario minimo, come strumento di riduzione delle disuguaglianze, di contrasto alla concorrenza sleale verso le aziende, al dumping sociale e salariale con lo scopo di porre un argine alle delocalizzazioni predatorie all’interno del mercato europeo.

Ci tengo a sottolineare che è la prima volta, dopo anni di dibattito, che questo principio viene scritto nero su bianco in un testo legislativo europeo. L’esito positivo del voto era tutt’altro che scontato. Siamo stati in grado di vincere molte resistenze e soprattutto, quelle dei paesi scandinavi e dei paesi “frugali” che avrebbero preferito di gran lunga annacquare, e così indebolire, il testo della direttiva con l’inserimento di una “opzione” per uno Stato membro di non recepire tutta o parte della direttiva. 

Ci risulta che anche Giuseppe Conte e il Ministro Di Maio abbiano sempre seguito questa battaglia e ieri abbiano manifestato anche a Lei la loro soddisfazione.

Non sono mai mancati in tanti mesi di confronto europeo i sostegni sia del Presidente Conte (durante e dopo i due Governi guidati da lui) e quello del Ministro degli Esteri Di Maio. E anche ieri hanno dato un segnale concreto e appassionato della loro grande gioia e la giusta carica per vincere insieme a tutti gli europei questa battaglia. 

Cosa significa concretamente per l’Italia la direttiva sul salario minimo, visto che da noi è in fase di discussione il disegno di legge Catalfo in Commissione Lavoro?  

Molto. E’ arrivato un segnale molto chiaro dall’Europa. Come ha ricordato anche il Presidente del Movimento, Conte, citando una recente analisi di OpenPolis sulla base dei dati Ocse, negli ultimi 30 anni il salario medio degli italiani è fortemente diminuito rispetto al 1990.

La pandemia ha aggravato una dinamica che tra il 2019 e il 2020 ha visto una contrazione record del salario medio, che ha sfiorato il 6 per cento. È alla crescente domanda di equità e giustizia sociale e salariale che dobbiamo rispondere in modo netto ed efficace, ma soprattutto, in modo tempestivo. Tempestivo perché altrimenti dalla crisi da covid 19 rischiamo di ripartire con lavoratori che percepiscono salari sempre più insostenibili per garantire una vita dignitosa.

Per potere assorbire gli effetti positivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che ci porterà più di 200 miliardi di euro investiti in Italia nei prossimi 5 anni non possiamo permetterci di lasciare indietro i lavoratori e in particolare i giovani, sempre più precari, ma anche sempre più competenti e qualificati. Un capitale umano preziosissimo che sarebbe ingiusto e dannoso continuare a penalizzare come è stato fatto finora. Su questo, il testo della direttiva votata ieri in Commissione Lavoro al Parlamento Europeo dà una risposta perché il salario minimo si applica a tutti i lavoratori, inclusi precari, atipici e per gli stage. E rafforza il ruolo della contrattazione nazionale collettiva che potrà così smantellare l’attuale “giungla” contrattuale. 

Il salario minimo ha attirato più dubbi che consensi in Italia. Come rassicurerebbe un imprenditore o un datore di lavoro critici?  

Al Parlamento Europeo abbiamo lottato per avere il salario minimo “puro” perché non è ammissibile guadagnare meno del salario minimo. Nel nostro Paese ci sono milioni di lavoratori che percepiscono di gran lunga meno dei nove euro l’ora, paletto peraltro fissato nel ddl Catalfo. Donne, uomini e ancora una volta giovani ma anche stranieri che percepiscono anche due o tre euro l’ora, stagionali, riders, stagisti…è una vergogna. Abbiamo lavorato perché i salari non siano ostaggio della produttività e non ricomprendano le attrezzature da lavoro, i benefit aziendali, i rimborsi spese, gli straordinari, i buoni pasto nel salario minimo.

E sono stati smentiti i timori che questa misura sociale possa generare disoccupazione. Diversi studi dimostrano il contrario e hanno vinto anche il Nobel per l’Economia, perché il salario minimo è una garanzia per gli imprenditori e i datori di lavoro onesti che offrono retribuzioni dignitose. Sono previste infatti controlli e sanzioni a chi non adeguerà il salario minimo che non permetteranno né l’accesso ai fondi europei né alle concessioni né agli appalti pubblici. E tutto questo renderà le imprese di Paesi come l’Italia particolarmente competitive verso quei Paesi che invece oggi fanno dumping sulla pelle dei lavoratori pagati pochissimo. La prossima tappa della possibile rivoluzione pacifica del salario minimo è fra meno di due settimane. La partita di ritorno. Ne riparliamo quando si giocherà.

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