Economia
Traffici marittimi, il rapporto in anteprima su Affaritaliani.it
Meccanica e Made in Italy trainano l'export tricolore verso il Mediterraneo che è sempre più centrale nell'ambito delle strategie marittime globali
Di Eduardo Cagnazzi
Meccanica e Made in Italy trainano l'export tricolore verso il Mediterraneo che è sempre più centrale nell'ambito delle strategie marittime globali. Una centralità che si deve non solo ai traffici attraverso Suez e Panama ma soprattutto alla Cina e alla sua strategia nell'acquisizione di infrastrutture logistiche e portuali. Una strategia finalizzata a realizzare porte di accesso verso l'Europa e l'Area Mena attraverso la cosiddetta Via della Seta che sta interessando anche l'Italia con l'acquisizione di una partecipazione nella piattaforma container in costruzione nel porto di Vado Ligure.
Se l'interscambio verso i Paesi del Mediterraneo è risultato nel 2015 pari a 49 miliardi di euro, al netto dei prodotti energetici, in crescita del 96,9% rispetto al 2001, nel 2018 l'import-export verso quest'area salirà a 56 miliardi di euro. E nei prossimi anni aumenterà ancora, visto che già oggi il 76% dell'interscambio viaggia via mare. Le stime sono degli analisti di Srm, il Centro studi di Intesa Sanpaolo che domani presenterà a Napoli l'annuale Rapporto sulle relazioni economiche tra l'Italia e i paesi che si affacciano sul Mare Nostrum. Da qui l'esigenza per i porti italiani, soprattutto quelli ubicati nel Mezzogiorno che pure hanno registrato nel 2015 un interscambio per un valore di 14 miliardi di euro (il 20% del totale), ed i terminali di logistica di ammodernare ed adeguare le proprie infrastrutture, pena la perdita di competitività.
I porti di Tangeri, Pireo e Porto Said hanno già investito ingenti risorse ed i loro traffici stanno aumentando con percentuali a due cifre. In Italia solo Vado Ligure sta dando un forte segnale di costruire una porta di accesso verso l'Europa e l'Area Mena per sviluppare le relazioni commerciali con la Cina, altri porti stanno per il momento a guardare e quei pochi progetti messi in cantiere stentano a partire. Occorre pertanto una politica di sviluppo, evidenzia il rapporto, che ponga la logistica portuale al centro dell'attenzione. La filiera marittima è il volano dell'economia e contribuisce il propellente dell'internazionalizzazione per le imprese che hanno sempre più bisogno di efficacia ed efficienza di raggiungere i mercati di riferimento. Ciò che occorre pertanto è dare piena attuazione alla riforma della portualità, recentemente approvata in via definitiva poiché i principali competitor stanno continuando ad investire e a correre per raggiungere nuove fette di mercato.
Ciononostante, l'export italiano, rileva il Centro studi napoletano, è comunque ben posizionato nell'Area Mena in tutti i principali comparti produttivi. I prodotti della terra e trasformati, mobilio, materiali da costruzione e gioielleria sono però quelli che trainano maggiormente le vendite, nonostante l'instabilità politica in alcuni Paesi. I traffici marittimi aumentano soprattutto verso gli Emirati Arabi, il principale mercato di sbocco del Made in Italy. Ma con il manifatturiero l'Italia è ben posizionata anche in Israele (5,3%) e in Iran (3,1%), dove è seconda solo alla Germania per quote di mercato. Rilevato che in termini di quantità l'Italia resta il Paese europeo che registra il maggiore volume di scambi con il Mediterraneo con 58 milioni di tonnellate di merci, che il Canale di Panama continuerà a rafforzare la portualità della sponda atlantica degli Usa e che il raddoppio del Canale di Suez sta accentuando la centralità geo-economica del Mediterraneo, gli analisti di Srm giungono a questa conclusione: i porti italiani hanno una grande opportunità da cogliere per sviluppare ulteriormente i propri traffici ma occorre che investano su logistica, intermodalità e snelliscano le procedure. Solo così potranno competere ad armi pari con quelli più attrezzati.