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Economia
Ubi, il gioco su due tavoli di Bper. L'attacco di Fondazione Cuneo a Messina

"Prima dell'Offerta pubblica di scambio (Ops)" lanciata da Intesa-Sanpaolo, "Ubi aveva allo studio la creazione del terzo polo bancario italiano, aggregando altre banche, prima fra tutte Banca popolare dell'Emilia Romagna (o altre)". Il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, Giandomenico Genta, primo azionista (esclusi i fondi) di Ubi con il 5,91%, alza il velo in un'intervista al quotidiano locale La Guida su alcuni particolari della durissima battaglia in corso tra il primo e il quarto gruppo bancario nazionale e rivela come negli ultimi mesi prima l'istituto emiliano guidato da Alessandro Vandelli giocasse contemporaneamenti su due tavoli del risiko bancario italiano. "Noi dobbiamo guardare tutti i dossier, ma al momento non c'è niente" nè con Bper nè con altre banche, aveva dichiarato Genta sul tema il 31 ottobre dello scorso anno.

UBIbanca
 

L'evoluzione del contesto e il pressing della Vigilanza per il consolidamento del sistema bancario nazionale, hanno spinto poi Vandelli ad aprire contemporaneamente da una parte il dossier del terzo polo con il gruppo di Massiah proprio nei mesi precedenti al lancio dell'Ops (arrivata il 17 febbraio 2020), dall'altro a cogliere i frutti con Unipol delle dismissioni dei 400-500 sportelli bancari e delle attività assicurative di Intesa post-acquisizione di Ubi in eccedenza per consentire al gruppo di Carlo Messina di non incappare nell'altolà dell'Antitrust. 

"Per la sua forza e le sue caratteristiche, Ubi è la più adatta per un ruolo aggregante di questo genere", ha spiegato poi  il numero della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo. "Questa è una prospettiva che, dal punto di vista industriale e del mercato, ha un grande valore, e non l'abbiamo ancora abbandonata. Se l'Ops di Intesa non si realizzerà, probabilmente si riprenderà questa strada", ha sottolineato.

Intesa Sanpaolo oggi
 

Genta ha poi ribadito il suo "no" alla proposta di Intesa, criticando in particolare la valutazione di Ubi e il rifiuto da parte di Messina, di rivedere i termini dell'offerta. E' "irricevibile" e "ostile" e rappresenta un "grande affare" solo per Intesa. E ha lanciato anche l'allarme sull'allontanamento dei dei centri decisionali dal territorio in caso di successo dell'operazione.

"Qualsiasi offerta diversa dev'essere a pari dignità. Considerare i valori reali. Considerare che la Fondazione non è disposta a fare minusvalenze in bilancio. Non siamo attaccati alla partecipazione nella banca, ma qualsiasi cosa facciamo deve risolversi in un valore per la Fondazione", ha spiegato poi. "E' un'offerta che non prevede possibilità di trattativa. Se uno ti offre 40 mila euro per una casa che ne vale 100 mila, ti dice che i mobili (la parte assicurativa) andranno al primo che passa, le macchine e gli strumenti che hai in garage saranno venduti al rigattiere, poi che spianerà la casa (leggi: delista Ubi dalla Borsa) per farne il suo prato, non può sostenere che è un'operazione 'amichevole'", è stato poi l'affondo di Genta. 

bper
Il Ceo di Bper Alessandro Vandelli

"Se Messina avesse avanzato un piano per valorizzare Ubi, proponendoci di costruire insieme qualcosa che desse valore aggiunto per tutti, probabilmente non avremmo detto di no a priori. Ma questa non è la modalità scelta da Messina", ha affermato Genta. Secondo cui "la posizione unilaterale" di Intesa "non può essere accettata da nessun azionista. Anche chi volesse vendere, vuole trattare per migliorare le condizioni di vendita". "Se poi - ha aggiunto il presidente della Fondazione - si dimostra che l'interesse collettivo è di aderire all'Ops, aderiremo, ma non alle condizioni sin qui esplicitate".

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