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Economia
Ue, ok al “Farm to fork” ma così a rischio il 5-15% della produzione agricola

 

E’ stata approvata Mercoledì dal parlamento europeo in seduta plenaria  la risoluzione sulla Strategia Farm to Fork con 452 voti a favore, 170 contrari e 76 astenuti, La  strategia “Farm to Fork” è stata studiata per trasformare il sistema alimentare europeo, rendendo più sostenibile sotto diversi aspetti e riducendo il suo impatto sui Paesi terzi. Si tratta di quel piano decennale messo a punto dalla Commissione europea per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente.

La strategia è  stata messa a punto per raggiungere 6 obiettivi considerati prioritari dalla Commissione europea che sono : Garantire una produzione alimentare sostenibile; Garantire la sicurezza alimentare; Favorire una filiera alimentare sostenibile dall’inizio alla fine: del processo produttivo e distributivo; Promuovere il consumo di cibi sostenibili e sostenere la transizione verso abitudini  alimentari sane; Ridurre gli sprechi alimentari e combattere le frodi alimentari lungo la filiera.

Tutto sicuramente molto buono e condivisibile, ma restano, come fanno notare da tempo tutte le principali associazioni di categoria alcuni punti controversi, che potrebbero e dovrebbero essere chiariti per non rendere questa transizione verso un'agricoltura più sostenibile un ulteriore aggravio sulle spalle dei produttori, già da anni alle prese con difficoltà di tutti i tipi, fra concorrenza sleale da parte di concorrenti extraeuropei ( e non solo per quanto riguarda il made in Italy basti pensare all’ultimo caso del prosek ) condizioni climatiche avverse, epidemie devastanti come quella della xylella per gli ulivi pugliesi e infine Covid 19 che ha avuto un impatto notevole sull’export e la produzione agricola italiana ed europea.

Il primo punto controverso che riguarda molto da vicino la nostra produzione è la questione, che da tempo sta provocando accese discussioni fra i vari paesi dell’Unione, è quella della cosiddetta etichettatura, ossia una classificazione dei prodotti in base ai loro valori nutrizionali e alla loro maggiore o minore salubrità. I paesi del Nord, Francia e Germania in testa vorrebbero adottare il famigerato Nutriscore, che consiste nel classificare in base ai colori dal verde al giallo fino al rosso, ii prodotti più salubri rispetto a quelli a maggior contenuto di grassi , zuccheri e sale. In base a questa classificazione moltissimi prodotti tipici del nostro paese, come per esempio parmigiano reggiano o olio di oliva risulterebbero meno salubri rispetto a prodotti confezionati delle grandi multinazionali ( quasi tutte Francesi e tedesche).

E su questo punto i dubbi rimangono ancora sul tavolo, come ha detto Paolo de Castro, membro della commissione agricoltura a Bruxelles  “Non siamo soddisfatti, invece, sul fronte dell’etichettatura nutrizionale. Pur avendo contrastato molti attacchi alle nostre eccellenze, ottenendo che eventuali sistemi di etichettatura nutrizionale non influenzino i consumatori tramite sistemi a colori e siano basati su differenti porzioni per i vari prodotti e non su un riferimento unico per tutte le categorie di prodotto (come invece vorrebbero le grandi multinazionali del cibo a favore del NutriScore, ndr), la natura obbligatoria richiesta nel testo non va nella direzione da noi auspicata”.

Il secondo punto controverso riguarda certamente le risorse che devono essere fornite al comparto per far fronte a questa impegnativa transizione verso un nuovo modo di produrre, come ha prontamente sottolineato Ettore Prandini, presidente di Coldiretti “Farm to Fork è per l’agricoltura italiana una sfida ambiziosa sulla quale pesano ancora troppe incoerenze a partire dall’esigenza di garantire risorse adeguate in una situazione in cui bisogna assicurare l’approvvigionamento alimentare dei cittadini europei dopo lo shock nei commerci determinato dalla pandemia”.

Una richiesta avanzata anche dalla CIA, che ha riconosciuto la necessità di di riconoscere e compensare i comportamenti virtuosi e guardando sempre all’obiettivo imprescindibile della sostenibilità economica delle imprese, senza la quale non è possibile neppure la sostenibilità ambientale e sociale. Ma la polemica ha riguardato anche la notizia secondo la quale la commissione avrebbe tenuto nascosto un report, che stabiliva in sostanza come, qualunque sia lo scenario, il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità inclusi nel F2F comporterebbe un calo della produzione del 5-15% in tutti i settori. Molto critico è stato ill Partito popolare che, pur essendo d’accordo con gli obiettivi della strategia chiede anche alla Commissione “ di fornire valide alternative ai milioni di agricoltori europei su come raggiungere questi obiettivi e continuare la propria attività”.

Insomma sulla nuova strategia agricola della commissione europea aleggiano ancora molti spettri, che riguardano anche alcuni aspetti che penalizzerebbero i piccoli produttori, che sono la maggior parte in Italia, rispetto alle grandi aziende agricole, molto diffuse nel nord Europa e nell’Europa orientale. Il gruppo di Fratelli d’Italia ha votato no alla risoluzione proprio per gli aspetti che a loro avviso potrebbero penalizzare soprattutto proprio il comparto agricolo italiano“

La possibilità di schemi nutrizionali obbligatori per l’etichettatura come il Nutriscore, il pregiudizio sul consumo e la produzione di alimenti di origine animale, nonché l’aumento dei costi di produzione per le nostre aziende che favorirebbe le importazioni di produzioni a un costo di mercato più basso, ci rendono molto critici nei confronti di questa strategia che mostra un evidente approccio ideologico da parte della Commissione europea che rischia di penalizzare  le nostre imprese agricole e agroalimentari espressione del nostro Made in Italy” si legge in un comunicato del gruppo che aderisce all’Ecr in Europa. l’impressione che si ricava è  quella di una condivisione dei principi di una necessaria maggiore sostenibilità, in cui i nostri agricoltori eccellono rispetto a molti altri paesi europei, ma di una divergenza di vedute piuttosto ampia sulle modalità i tempi e le risorse che la strategia imporrebbe agli attori in campo. Molto buoni i propositi, insomma, ma ancora da rivedere modalità e strumenti da mettere in campo per arrivare ad un loro proficuo adempimento.

 

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