Usa: la raccolta pubblicitaria torna a crescere per televisione e “new media”, deboli radio e carta stampata
Se in Europa per Mario Draghi la ripresa resta “fragile”, dagli Stati Uniti giunge l’ennesima conferma della ritrovata forza dell’economia a stelle e strisce. Secondo le analisi di Kantar Media, infatti, nel primo semestre dell’anno il mercato delle inserzioni pubblicitarie ha segnato una crescita complessiva del 2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con un’accelerazione nel corso del secondo trimestre (+3,5% rispetto al secondo trimestre 2012).
A crescere più di tutte sono le inserzioni pubblicitarie televisive, cresciute nel solo secondo trimestre del 6,4% annuo, davanti alla pubblicità digitale, in crescita del 4,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno passato. In particolare i “vincitori” della sfida a chi raccoglie più pubblicità negli Usa sono in questi mesi le televisioni via cavo (+10,1% nel primo semestre rispetto ai primi sei mesi del 2012) e le emittenti in lingua spagnola (+9,4% su base annua).
Nell’intero primo semestre la raccolta pubblicitaria dei “nuovi media” digitali ha segnato un incremento del 5,3%, grazie però in particolare alla pubblicità veicolata da dispositivi mobili e dai video, che hanno segnato gli incrementi più marcati tra tutti i canali e le diverse tipologie di “spot” (da notare come anche sul mercato italiano molti operatori segnalino l’ulteriore crescita della raccolta pubblicitaria per dispositivi mobili e tramite video, mentre i classici “banner” e le “skin” per siti visibili da pc desktop sembrano avere minore appeal).
Nel complesso la raccolta pubblicitaria dei nuovi mezzi digitali sembra poter aver registrato un incremento anche più ampio di quello “fotografato” dai dati di Kantar, dai quali risulta peraltro evidente come al contrario la raccolta delle testate periodiche continui a segnare il passo, con un +1,1% nel semestre (+1,6% nel secondo trimestre) dovuto praticamente solo alla crescita dei magazine in lingua spagnola (rispettivamente +8% e +14,5%) e in parte dei magazine domenicali (+4,1% nel secondo trimestre ma appena +0,1% nel semestre), mentre restano in crisi le testate “B2” (-4,1% nel semestre, -3,7% nel trimestre).
Ancora più in affanno la radio, che vede calare la sua raccolta dell’1,9% nel semestre e del 2,2% nel secondo trimestre a causa del tracollo della raccolta dei network radiofonici (-17,1% e -19% rispettivamente) che più che compensa il recupero della raccolta delle emittenti sportive radiofoniche nazionali (+5,8% in entrambi i periodi). In crisi restano anche i quotidiani, salvo ancora una volta quelli in lingua spagnola (che segnano +5,1% e +8% nel semestre e nel trimestre rispettivamente), mentre per i quotidiani locali è notte fonda (-4% nel semestre e -4,3% nel secondo trimestre) e poco meglio va ai quotidiani nazionali (-4,6% e -0,5%).
Quanto infine alla fotografia dei “big spender”, il settore telefonico ha segnato un incremento della spesa pubblicitaria del 19,3% nel semestre, mentre anche ristoranti e assicurazioni sono tornati ad aprire il portafoglio. Tra le singole aziende la palma dell’inserzionista più “affamato” di pubblicità spetta a Procter & Gamble, che nel secondo trimestre dell’anno ha speso negli Usa quasi 841 milioni di dollari di pubblicità contro i 595 milioni di un anno prima (+35,3%), superando At&t (550,1 milioni, +33,2% rispetto ai 376,6 milioni di un anno prima) e L’Oreal (che con 397,9 milioni si piazza terza, con un incremento di spesa del 4,6% rispetto ai 380,5 milioni di un anno prima).
Alle spalle di questo terzetto spendono tra i 390 e i 380 milioni di euro circa sia Comcast sia General Motors (ma la prima riduce la propria spesa rispetto ai 476 milioni spesi nel secondo trimestre 2012, la seconda la incrementa del 28% rispetto ai 296 milioni scarsi spesi un anno prima). Seguono poi con cifre via via minori ma sempre superiori ai 300 milioni di dollari spesi nel solo secondo trimestre aziende come Verizon Communications, News Corp, Time Warner, Pepsico e Pfizer.
Luca Spoldi