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Economia
Vera Fiorani (Rfi) ad Affari: “Alta Velocità in Puglia bloccata da un uccello"
Vera Fiorani, ceo di Rfi

Fiorani a Perrino: “Il raddoppio della rete in Puglia fermata dal ‘fratino’”

"Il raddoppio della rete ferroviaria pugliese? È stata bloccata da un uccello protetto, il fratino, che ha messo in difficoltà il prosieguo del progetto. Ma ora il problema è stato risolto insieme al Ministero". Così Vera Fiorani, ceo di Rfi, durante un dibattito con il direttore di Affaritaliani.it Angelo Maria Perrino al Festival dell'Economia di Trento.

"Per la scelta delle linee da potenziare o da inaugurare in materia di alta velocità - aggiunge Fiorani - la valutazione è lasciata al mercato. Noi stiamo progettando altri importantissimi tratti, con un'alta velocità "morbida" in Sicilia o sulla Napoli-Bari e nelle altre trasversali. Manca ancora l'infrastruttura ma i progetti per realizzarli già ci sono". Il Pnrr, infatti, ha già disegnato la direzione che deve prendere lo sviluppo della rete. 

Discorso più complesso per quanto riguarda la tratta Termoli-Lesina, il cui raddoppio è necessario per poter migliorare l'infrastruttura adriatica e pugliese. Da questo punto di vista, infatti, i lavori sono stati bloccati da un uccello, il fratino, che rischiava di essere disturbato dal treno e che per questo aveva messo in allarme gli ambientalisti. "Bisognava trovare un regime di funzionamento che tenesse conto del volatile. Si progettava una linea che poteva raggiungere i 200 km/h e poi in alcuni tratti si sarebbe dovuto procedere a 30. Fortunatamente è intervenuto il Ministero, consegnandoci le linee di indirizzo che ci hanno permesso di andare avanti. Dovrebbero cominciare i nuovi lavori a breve, anche se ancora non c'è una data precisa per il termine dell'opera".

La Puglia ha una fortissima vocazione per il trasporto merci, è la linea più usata in Italia e, per questo, è ormai quasi satura. Per questo la realizzazione di nuove linee passeggeri è complicata dal "traffico" per cui serve procedere con opere di potenziamento della rete. "Il governo ha stanziato 5 miliardi per rivedere l'infrastruttura. Ma c'è anche una visione più ampia, che si inserisce in un piano da 12 miliardi complessivi che ci consentiranno di definire le priorità d'intervento". 

Una donna ha più difficoltà a diventare numero uno?

L’intervista di Perrino alla ceo di Rfi si intitola “Professione Manager” e fa seguito a quella di ieri 3 giugno che ha visto protagonista Paolo Scaroni. La domanda alla Fiorani è dunque se diventare numero uno sia più difficile per una donna che non per un uomo. “Lo è sicuramente – ha spiegato l’amministratrice delegata della società – e ci sono dei settori in cui lo è ancora di più. Ci sono però delle dinamiche in atto, fortunatamente, che sembrano invertire la tendenza. Un aiuto importante, a me in prima persona ma anche a tutte le altre donne, è arrivata dalla Legge sulla Quote Rosa Golfo-Mosca. Questo mi ha permesso di entrare in consigli di amministrazione anche molto importanti, fino a sei contemporaneamente, e di imparare una logica manageriale che poi mi è servita quando sono stata nominata ceo”.

Altro tema intrinsecamente legato a quello delle donne è quello relativo alla famiglia. Spesso succede che molte siano costrette ad accantonare i desideri di avanzamento di carriera per poter diventare madri. “Noi però non dobbiamo spostare massi o fare lavori che richiedano forza fisica – chiosa la manager – e dunque il tema della famiglia è trasversale agli uomini e alle donne. Come manager mi sono ritrovata con lavoratrici che mi hanno chiesto di non procedere con la carriera per non pregiudicare il loro rapporto in famiglia. Ho molto combattuto perché si trovassero forme di sostegno adeguate. L’azienda, i lavoratori, i manager: tutti devono trovare un equilibrio che consenta la realizzazione in diversi ambiti”. 

Diventare una numero uno

Se Paolo Scaroni aveva raccontato di aver pianificato quasi a tavolino la sua scalata verso le posizioni di vertice, la Fiorani ha invece ammesso di non aver avuto un progetto di partenza. “Ho dimostrato – spiega a Perrino – che la competenza e la conoscenza sono fattori fondanti all’interno dell’azienda. È un difetto femminile, forse, quello di non avere piani a lungo termine, gli uomini da questo punti di vista sono più determinati. Però diciamo che ho avuto un aiuto dalla legge sulle quote rosa e dalla possibilità di portare in azienda una visione differente”.

Da notare, tra l’altro, come la competizione che la Fiorani ha incontrato non sia stato tanto per arrivare al vertice, ma per entrare in un’azienda che, storicamente, ha sempre avuto una forte componente maschile e tecnica. “Questo ruolo ha un carico di responsabilità enorme – ha spiegato – che si somma oltretutto al fatto che questo fardello dura anni, come dimostrano recenti sentenze della magistratura. Ho avuto decisamente più difficoltà 20 anni fa, quando mi sono affacciata all’azienda”.

Rfi ha 27.500 dipendenti e quando la Fiorani è entrata ha ereditato la struttura dal suo predecessore, Maurizio Gentile. Interessante che anche il presidente è una donna, Anna Masutti. Gentile aveva 21 riporti diretti, una struttura che è stata mantenuta. “Ho avviato un processo di riorganizzazione – ha spiegato Fiorani – per ridurre il numero di riporti e aumentare il presidio tecnico di coordinamento. Già ora abbiamo diverse donne che ricoprono ruoli apicali, come la direttrice delle stazioni, al responsabile dell’innovazione, il direttore tecnico”. 

La scelta del curriculum giusto e gli studi da fare

Che cosa rende un curriculum appetibile? E quali sono le scelte di scuola che devono essere fatte? “Se ritornassi indietro mi iscriverei al liceo classico e non allo scientifico – spiega Fiorani – Ma più in generale consiglio sempre di iscriversi a scuole, pubbliche o private che siano, che garantiscano la possibilità di sapersi muovere in contesti diversi. Nel mio liceo c’erano figli di operai e di amministratori delegati. E poi non bisogna mai chiudersi su una sola specializzazione con una formazione eccessivamente focalizzata solo su alcuni punti”.

Che cosa colpisce di un curriculum vitae? Non soltanto il percorso formativo o le aziende in cui si è lavorato. È importante coniugare anche esperienze laterali che esulino dal percorso di studi canonico. “Magari aver fatto volontariato è importante – aggiunge la Fiorani – perché dimostra una sensibilità diversa. C’è il networking da saper coltivare, perché un asociale in azienda non rende. E poi l’inglese, che però non deve essere un’ossessione. Fortunatamente, invece, almeno nel mio caso, non conta la raccomandazione politica, né nessuno mi è mai stato segnalato o caldeggiato da questo o quel politico di turno”. 

La sostenibilità è la chiave del futuro

Un manager che si rispetti, che voglia davvero essere un leader lasciando anche un’eredità dopo il suo passaggio deve obbligatoriamente pensare al futuro. Mai come ora ci troviamo in un momento difficile e la chiave sembra la sostenibilità. Non è uno slogan, ma un’ancora di salvezza. “Se non ci guardiamo dento – ha concluso la Fiorani – e non agiamo come azienda, verremo estromessi dal sistema che chiede sempre più spesso un approccio sostenibile. Noi siamo un’azienda che ha un grande impatto ambientale, e per questo possiamo già fare molto. Difficile invece tarare il nostro operato sulla sostenibilità sociale, che significa agire in modo che gli stakeholder e tutto l’ambiente circostante benefici di ciò che compiamo. Dove si impara la sostenibilità? Ci sono dei corsi, stanno iniziando a nascere scuole di specializzazione, delle linee guida. Ma ora deve diventare un automatismo, una parola chiave dei prossimi anni, una necessità planetaria e un dovere verso le generazioni future.

 

 

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