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Esteri
Coronavirus, Ursula chiude ai coronabond: "E' solo uno slogan"

Al termine del vertice di giovedì scorso, durante il quale si è sfiorata la rottura, con Italia e Spagna che hanno respinto la bozza presentata da Charles Michel, i 27 erano arrivati a un compromesso sulle conclusioni in cui si dava mandato all'Eurogruppo di mettere a punto una serie di proposte entro 15 giorni. Ma la presa di posizione di von der Leyen allontana ogni possibilità che tra le ipotesi in campo ci sia quella proposta dall'Italia.    Da giorni le istituzioni europee, Commissione in testa, ripetono che per fare fronte alla crisi del coronavirus e alle conseguenze drammatiche sull'economia del continente saranno utilizzati "tutti i mezzi necessari". Nelle conclusioni del Consiglio di giovedì i 27 hanno messo nero su bianco che "La pandemia di Covid-19 costituisce una sfida senza precedenti per l'Europa e per il mondo intero" e assicurano l'adozione di "tutte le misure" che servono. La stessa von der Leyen solo pochi giorni fa, intervistata da una radio tedesca, aveva detto che i coronabond erano una opzione sul tavolo. Apertura che era stata fatta filtrare anche dalla Bce, che aveva fatto sapere che anche Christine Lagarde sarebbe stata favorevole all'emissione di coronabond come eventualità una tantum.   La presidente della Commissione nei giorni scorsi ha ottenuto dai 27 la sospensione delle regole del Patto di Stabilità e invitato i governi a spendere "tutto quello che sarà necessario" per affrontare una crisi che non ha precedenti. Tuttavia le regole fiscali per il momento sono solo sospese il che significa che i paesi che dovranno indebitarsi moltissimo per far fronte all'emergenza presto o tardi dovranno tornare al rispetto delle regole.    La questione che divide i due fronti, insomma, è come finanziare il debito pubblico gigantesco che sarà generato dalla risposta che i paesi devono dare sul fronte sanitario e per sostenere economicamente cittadini e imprese di fronte a uno scenario che si annuncia drammatico. Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Irlanda, Grecia, Lussemburgo e Slovenia chiedono "uno strumento di debito comune a beneficio di tutti gli Stati membri" per affrontare quello che si annuncia uno scenario catastrofico. Ma Germania, Olanda, Austria e Finlandia si oppongono. E su questo punto il pressing dei nordici sembra avere fatto effetto sulla stessa von der Leyen.

La parola coronabond è uno "slogan", la Commissione non sta lavorando a questa ipotesi. E le preoccupazioni di Germania, Olanda e degli altri paesi che si oppongono all'emissione di un bond garantito dal debito Ue per raccogliere liquidità da destinare all’emergenza del coronavirus, sono comprensibili. A tre giorni di distanza dal drammatico vertice dei leader di giovedì in cui i governi dell'Unione si sono spaccati in due fronti contrapposti, la presidente dell'esecutivo europeo concede una sponda importante alla cancelliera tedesca Angela Merkel e al premier olandese Mark Rutte. E boccia la proposta di Italia, Francia e Spagna.    La presidente della Commissione, in una intervista alla Dpa, la principale agenzia di stampa tedesca, esclude che una delle richieste del blocco dei paesi del sud sia sul tavolo: la parola coronabond "è uno slogan" - dice von der Leyen - "ci sono limiti legali molto chiari, non è questo il piano, non stiamo lavorando a questo". Ma soprattutto, von der Leyen condivide le preoccupazioni dei paesi del nord, che non vogliono condividere alcun rischio con i governi più indebitati: dietro ai coronabond "c'è la questione più grande delle garanzie - dice la presidente della Commissione - e in questo le riserve della Germania e di altri paesi sono giustificate". "Alla Commissione - ha aggiunto von der Leyen - è stato affidato dal Consiglio il compito di elaborare il piano di ricostruzione, e questi sono i binari su cui stiamo lavorando". 

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