Cento milioni di riscatto per Foley. Ma la Casa Bianca rifiutò di pagare
CHI ERA JAMES FOLEY/ Foley, fino al giorno prima del suo rapimento nel novembre 2012, aveva inviato reportage e video dal nordovest della Siria, teatro di violenti scontri tra ribelli e regime di Damasco. Secondo le ricostruzioni, sarebbe stato prelevato nelle vicinanze di Taftanaz, insieme al suo autista e al suo traduttore, che sono poi stati rilasciati. Reporter di guerra esperto, Foley aveva già coperto i conflitti in Afghanistan e Libia. Nell'aprile 2011 era già stato vittima di un rapimento nell'est della Libia, ad opera di un gruppo di milizie del regime di Gheddafi. Con lui erano stati prelevati altri due giornalisti, l'americana Clare Gillis e lo spagnolo Manu Brabo, mentre un quarto, il sudafricano Anton Hammerl, era stato ucciso. I tre avevano passato 44 giorni in prigionia prima di essere liberati. Lo stesso reporter aveva raccontato più volte questa sua difficile esperienza, affermando però che non gli aveva fatto perdere la determinazione di seguire gli eventi nelle zone di guerra. Durante un dibattito in una scuola di giornalismo in Usa, Foley aveva anche raccontato i primi momenti successivi alla liberazione: "Potevo fare una telefonata, una sola e l'ho fatta subito ai miei genitori". |
Negli ultimi 10 mesi almeno 10 tra loro -tra i quali un danese, tre francesi e due spagnoli- sono stati rilasciati dopo lunghi negoziati conclusi con il pagamento di riscatti. A condurre le trattative potrebbe essere stato, in alcuni casi, il britannico che ha ucciso Foley decapitandolo. Lo afferma uno degli ex ostaggi, che nel volto del boia ha riconosciuto una delle tre guardie (anche le altre due britanniche) che lo sorvegliavano a Raqqa. Greta Ramelli e Vanessa Marzullo si troverebbero nelle mani dello Stato Islamico (Is). Il Guardian riporta, senza citarne i nomi, che "due donne italiane, una danese e una giapponese catturate alla periferia di Aleppo di recente" sono nelle mani dei miliziani islamisti del Califfato insieme ad altri 16 ostaggi e che sono state trasferite a Raqqa, roccaforte dell'Is nel nord della Siria. Il destino degli ostaggi comunque, secondo quanto scrive Martin Chulov, non e' quello di Foley, decapitato per lanciare un segnale agli Stati Uniti. |
Arrivano nuovi particolari e retroscena sulla prigionia e la brutale esecuzione del giornalista americano James Foley. Philip Balbioni, amministratore delegato del Global Post per cui il reporter scriveva, ha rivelato che la settimana scorsa i terroristi hanno inviato una email alla famiglia Foley: un messaggio "pieno di rabbia", in cui si minacciava di uccidere James in risposta ai raid Usa in Iraq. Balbioni ha però sottolineato come i jihadisti, che hanno ignorato il dolore dei familiari nel messaggio, non hanno chiesto riscatti né avanzato altre richieste.
Il riscatto monstre. Tuttavia, secondo il New York Times, lo Stato islamico avrebbe chiesto un riscatto ultramilionario per la liberazione di Foley, ma il governo degli Stati Uniti si è rifiutato di pagare. Il Wall Street Journal scrive che la somma richiesta dai terroristi dello Stato Islamico per liberare Foley sarebbe stata di addirittura cento milioni di euro. Balboni ha inoltre sottolineato come l'azienda editoriale del Global Post abbia speso milioni per portare a casa Foley, ricorrendo persino a una società privata specializzata in sicurezza internazionale.
"Foley? Un generoso, fino alla fine". In un'intervista alla Bbc il giornalista francese Nicolas Henin, prigioniero in Siria con Foley ma poi liberato lo scorso aprile, ha rivelato che Foley durante il sequestro in Siria avrebbe subito un trattamento più duro da parte dei suoi carcerieri perché era di nazionalità statunitense. "Abbiamo passato diversi mesi insieme in una situazione estrema, compresa una settimana in cui siamo stati ammanettati l'uno all'altro, notte e giorno", ha detto Henin, "in quelle circostanze si sviluppa un istinto di sopravvivenza per cui si arraffa tutto quello che si può. Ma lui condivideva tutto con gli altri: coperte, cibo. Tutto. Essendo americano veniva probabilmente preso di mira di più dai carcerieri. Come una sorta di capro espiatorio".
I boia "Beatles". La scorsa notte si è inoltre saputo che in un blitz autorizzato dal presidente Obama, le forze speciali Usa hanno tentato all'inizio di luglio di liberare Foley e altri ostaggi americani detenuti in Siria dagli jihadisti dell'Is, ma l'operazione non è andata a buon fine perché gli ostaggi non erano nel luogo in cui il commando ha fatto irruzione. Il boia di Foley "fa parte di un gruppo di tre britannici che controllano ostaggi stranieri in Siria". A scriverlo è il Guardian, che è riuscito a intervistare un ex prigioniero, il quale ha identificato "John" come il capo dell'organizzazione che opererebbe a Raqqa e sarebbe composto da "persone intelligenti, ben istruite e devote agli insegnamenti radicali islamici". La fonte al Guardian ha anche rivelato come il gruppo dei terroristi britannici venga chiamato "il gruppo dei Beatles" dagli ostaggi, proprio per la nazionalità dei jihadisti.
Allerta a Londra. E' proprio il fronte inglese quello che desta più preoccupazione al momento. Il premier britannico David Cameron, dopo alcune riunioni di emergenza con i vertici della sicurezza, è tornato in vacanza in Cornovaglia ma l'allerta resta altissima. Ad allarmare maggiormente le autorità di Londra in queste ore sono circa 250 cittadini britannici che sono tornati di recente oltremanica dopo aver combattuto "la guerra santa" in Medio Oriente. Mentre sarebbero 400-500 i miliziani con passaporto della Corona attualmente nelle file del Jihad, molti dei quali arruolati dallo Stato Islamico.
L'Interpol: "Strategia globale". Oggi, oltre all'Unione Europea, anche l'Interpol ha condannato la barbara uccisione di Foley, ricordando la necessità di "una risposta del mondo intero contro la minaccia del terrorismo in Medio Oriente". A sottolinearlo è Ronald Noble, segretario generale dell'organizzazione di polizia internazionale, che ha sede a Lione, in Francia. Il capo dell'Interpol ha anche condannato "il massacro pubblico di un uomo innocente", in seguito alla diffusione del video dell'esecuzione che ha "terrorizzato i cittadini di tutto il mondo" (FOTO). Come ha tra l'altro dichiarato anche Hollande ieri, Noble è necessaria "una risposta miltilaterale contro la minaccia terrorista rappresentata dai combattenti transazionali radicalizzati che viaggiano attraverso tutto il Medio Oriente", che hanno aderito allo Stato Islamico. Ieri anche il presidente Usa Barack Obama ha dichiarato: "L'Is è un cancro, ma lo sconfiggeremo".
Lotta a tutto campo contro i jihadisti. Del resto, il problema dei jihadisti europei che vanno a combattere in Medio Oriente e che non negano di voler colpire un giorno il Vecchio Continente, è risaputo da tempo. "Nessun Paese è immune da rischi, Isis ha fatto proseliti anche in Occidente - ha detto il ministro degli Esteri Federica Mogherini in un'intervista a Repubblica - E' evidente che si tratta di un problema di cui l'intera Europa ha non solo il dovere, ma anche l'interesse a occuparsi". L'Italia, come la Germania, invierà ai peshmerga curdi armi leggere e munizioni. Ieri, nel corso della sua visita lampo a Bagdad, il premier Matteo Renzi ha assicurato: "Combatteremo insieme i terroristi".
Base militare Usa in Kurdistan? Fonti curde oggi riferiscono che gli Stati Uniti potrebbero aprire una base militare a Erbil, nella regione autonoma del Kurdistan iracheno. La base dovrebbe servire a monitorare la situazione militare e di sicurezza in Iraq. "Gli Stati Uniti hanno scelto Erbil perché rappresenta una zona ideale per la sicurezza della base e del suo personale. Gli Usa hanno già raggiunto un accordo e la base sarà dotata dei più recenti dispositivi elettronici di controllo oltre a un team di esperti", ha aggiunto la fonte.
Il Guardian: "Due italiane in ostaggio". Le immagini del reporter americano fanno tremare anche le famiglie di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due giovani volontarie rapite in Siria lo scorso 31 luglio. Secondo l'edizione americana del sito online Guardian nelle mani dell'Is ci sarebbero anche "due donne italiane, anche se non vengono citate fonti e non vengono fatti i nomi. La madre della 21enne Greta spiega: "Siamo doppiamente preoccupati adesso, non può che essere così".
L'appello di Francesco. Papa Francesco, in una lettera al presidente iracheno Fuad Masum, ha rinnovato il suo appello "a tutti gli uomini e le donne che hanno responsabilità politiche perché usino tutti i mezzi per risolvere la crisi umanitaria. Mi rivolgo a lei con il cuore pieno di dolore mentre seguo la brutale sofferenza dei cristiani e di altre minoranze religiose costretti a lasciare le loro case, mentre i loro luoghi di culto sono distrutti".

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