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Esteri
Elezioni Iran: assist Trump ai falchi. Addio moderati, Qalibaf astro nascente

Urne aperte in Iran, dove circa 58 milioni di cittadini sono chiamati a eleggere il nuovo Majlis, il Parlamento della Repubblica islamica. E si tratta di una sorta di derby interno tra conservatori, dopo che numerosi candidati riformisti sono stati estromessi dal voto. D'altronde, l'approccio durissimo di Donald Trump nei confronti di Teheran non ha fatto altro che rafforzare i "falchi" all'interno del sistema politico iraniano, dopo che il presidente Hassan Rohani aveva ricevuto il mandato nel 2013 di aprire le porte all'occidente. Mandato raccolto con lo storico accordo sul nucleare con Barack Obama, poi però cancellato dall'amministrazione Usa successiva. Il raid di Baghdad nel quale è rimasto ucciso il generale Soleimani è stato il colpo di grazia al riformismo iraniano. Il voto parlamentare potrebbe incoronare Qalibaf come nuovo speaker del parlamento, con vista sulle elezioni presidenziali del 2021, dove i falchi dovrebbero completare la "riconquista" delle istituzioni politiche. 

Elezioni Iran: addio all'entusiasmo Rohani

Nella capitale Teheran, in cui risiede un quinto degli 83 milioni di iraniani, dietro il traffico incessante e la confusione delle sue strade si nasconde una crescente disaffezione verso la politica, incapace agli occhi della gente di affrontare i reali problemi del Paese. E’ lontano il clima di entusiasmo in cui si erano svolte le legislative del 2016 o le presidenziali del 2017, che avevano consegnato al ‘centrista’ Hassan Rohani la guida del governo, sull’onda delle speranze di aperture e progresso portate dalla firma dell’accordo sul nucleare. L’isolamento economico dovuto alle rinnovate sanzioni americane, l’inflazione, la svalutazione della moneta, la disoccupazione, la mancanza di medicinali, sono solo alcuni dei problemi con cui hanno a che fare quotidianamente gli iraniani, tra cui molti non vedono più differenza tra i due grandi schieramenti - riformatore e conservatore - in cui, generalizzando, si divide la politica iraniana.

Elezioni Iran, moderati non ammessi. Verso il trionfo dei conservatori. Qalibaf si apre la strada verso la presidenza nel 2021?

Il voto, conj ogni probabilità aprirà la strada al ritorno al potere dei conservatori. Guidati a Teheran dall'ex sindaco della capitale ed ex candidato (sconfitto) alla presidenza, Mohammad Baqer Qalibaf, la loro vittoria venerdì appare scontata per molti osservatori. L'esclusione di moltissimi candidati riformisti per mano del Consiglio dei Guardiani, l'organo che ha potere di veto sulle candidature, ha spinto a fare appello al boicottaggio diverse voci riformiste come Mostafa Tajzadeh, ex vice ministro nel governo di Mohammad Khatami. Secondo i media iraniani, 7.148 candidati sono stati ammessi, mentre 7.296 sono stati squalificati e si calcola che per 160 dei 290 seggi a disposizione ci saranno solo candidati conservatori in lizza. La mannaia del Consiglio dei Guardiani si è abbattuta, tra gli altri, anche su due noti deputati riformisti eletti quattro anni fa a Teheran, Mahmoud Sadeghi e Ali Motahari.

Elezioni Iran, lo spettro dell'astensionismo

Nonostante, secondo analisti indipendenti, chi critica il sistema è una “minoranza”, l’astensionismo è lo spettro che si aggira sul voto. “Non so ancora per chi ma voterò”, racconta un taxista impegnato anche come scrutatore, “non ho nulla contro la Repubblica islamica, voglio che rimangano loro al potere e difendano il Paese, ma mi piacerebbe che capissero di più i nostri problemi economici”.    La capitale non può essere rappresentativa di tutto l'Iran, ma si teme che anche nei centri rurali il dato sull’affluenza possa non essere soddisfacente: è una condizione che storicamente pone i riformisti in svantaggio, mentre per i conservatori, in caso di vittoria, intaccherebbe la legittimità del nuovo Parlamento. Per questo, da più parti, si sono susseguiti quotidianamente appelli a recarsi alle urne.

Elezioni Iran, Khamenei primo a seggi: "Votare per gli interessi nazionali"

Tra massime misure di sicurezza, la Guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, ha votato per primo oggi a Teheran, pochi minuti dopo l’apertura dei seggi alle 8 ora locale (le 5.30 in Italia). “La giornata delle elezioni è una festa nazionale, votare è un diritto civile e un dovere religioso”, ha dichiarato Khamenei davanti alle telecamere, ribadendo l'appello inviato alla popolazione già nei giorni scorsi. “Ogni persona che ha a cuore gli interessi nazionali del Paese deve andare a votare”, ha aggiunto parlando alla stampa nel seggio speciale allestito alla Hosseiniyeh Imam Khomeini, il luogo dove di solito la Guida spirituale tiene i suoi discorsi pubblici; si tratta di un luogo all'interno della cosiddetta zona Pastor della capitale, tra i posti più controllati di tutto il Paese e dove si concentrano gli uffici dei vertici dello Stato, come la presidenza, la vicepresidenza e il Consiglio dei Guardiani e il Consiglio di Sicurezza. Tre anelli di controlli conducono al cuore del compound, sorvegliato da uomini dei Pasdaran.   

Iran, le misure di sicurezza per i giornalisti

I giornalisti ammessi a seguire il voto di Khamenei hanno rispettato misure molto severe: sono state ammesse telecamere e macchine fotografiche, ma solo quelle consegnate il giorno prima al ministero della Cultura e dell’orientamento islamico per i dovuti controlli. Per il resto non era permesso portare con sé neppure una penna. A tutti è stata misurata la temperatura corporea e sono state disinfettate le mani, dopo l'annuncio dei casi di coronavirus , che si è diffuso anche in Iran. Khamenei, infine, ha inviato tutti gli elettori a recarsi ai seggi “già nelle prime ore della giornata e dare tutte le preferenze” previste in ogni collegio: a Teheran, per esempio, sulla scheda elettorale si possono scegliere fino a 30 candidati, quanti sono i seggi in Parlamento assegnati alla capitale.

Iran: Zarif vota, Trump non deciderà nostro destino

“La partecipazione del popolo alle elezioni, anche se abbiamo idee diverse, discussioni e c’è malcontento, sarà un segnale importante per la comunità internazionale che nonostante queste differenze la gente vuole decidere il suo destino”. Così il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, dopo aver votato nel seggio allestito alla Hosseniye Jamaran, a nord di Teheran. “Probabilmente alcune persone hanno da lamentarsi”, ha continuato Zarif, “ma vogliono comunque decidere il proprio destino e non permetteranno a una persona seduta a Washington di decidere per loro, tanto più una persona con le mani sporche del sangue del generale Soleimani”.

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