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Esteri
Turchia, Erdogan fa felice anche l'Ue. Amico di Putin, tiene in scacco la Nato
Fan di Erdogan celebrano la vittoria al ballottaggio

Ballottaggio in Turchia: così Erdogan è riuscito a vincere ancora

Alla fine ha vinto ancora lui. Recep Tayyip Erdogan resta presidente dopo la corsa elettorale più incerta dei suoi due decenni al potere. Un periodo che si arricchirà di altri anni nella posizione di "sultano". Un esito che significa che la Turchia continuerà a guardare a Russia e Medio Oriente, ma che potrebbe portare anche a profondi rischi di instabilità economica. Mentre per l'Unione europea non è per nulla detto che la conferma di Erdogan venga accolta con tristezza dalle cancellerie. Anzi, è forse vero il contrario.

Andiamo con ordine. Fronte interno. La fiducia in Erdogan, il timore di metà della popolazione di ritrovarsi senza una guida in un Paese in perenne emergenza sono state le chiavi della vittoria, ieri e oggi. Fiducia e timore che hanno prevalso al fotofinish sulla voglia di cambiamento di cui si è fatto carico lo sfidante, Kemal Kilicdaroglu a cui non sono bastati l’inflazione, l’economia a pezzi e la carta nazionalista e anti migranti per detronizzare un leader che, nel bene e nel male, ha segnato per sempre la storia di questo Paese.    

Neanche la crisi economica, la perdita di valore della lira turca, il caro vita, problemi arrivati alla pancia del Paese si sono tramutati in una perdita di voti non sufficiente a farlo perdere, perché nella maggior parte della popolazione è rimasta forte la percezione che nessuno meglio di lui possa risolvere i problemi. Al termine di una campagna elettorale di basso profilo, caratterizzata da un inaspettato equilibrio nei manifesti e nello spreco di volantini Erdogan si riconferma nel nome della continuità.

L'arma segreta di Erdogan è stata promuovere per anni lo sviluppo infrastrutturale della parte centro orientale della Turchia, sentitasi messa da parte per decenni, vilipesa dalla costa laica, secolare ed europea che infatti a Erdogan ha sempre voltato le spalle, senza eccezioni, dal 2002 a oggi.

Ai turchi piace la linea Erdogan anche sulla politica estera. In particolare piace un presidente capace di tenere in scacco la Nato, dire di no alla Casa Bianca, far valere le proprie ragioni arrivando a sbattere i pugni sul tavolo dinanzi ai leader europei e ringhiare in faccia alla Grecia per rimediare alle ferite mai rimarginate della perdita delle isole dell’Egeo piace e vince. Il tutto accompagnato a una tolleranza zero nei confronti dei separatisti curdi del Pkk e allo stesso tempo attenzione, riconoscimento e rappresentanza per i curdi. E non a caso l’Akp del presidente di conferma il secondo più votato nel sud est a maggioranza curda.

Gli ultimi tasselli verso la vittoria sono stati gli sconti sulle bollette, il gas gratis, un regalo del presidente russo Vladimir Putin che ha posticipato i pagamenti dovuti a Gazprom, ma anche della scoperta di gas nel Mar Nero del 2018, il più grande nella storia della Turchia.

Erdogan, sui prossimi 5 anni l'incognita dell'instabilità economica e della Nato

Ma sui prossimi 5 anni ci sono anche diverse incognite. A partire dalla politica economica, che senza inversioni di rotta rischia di continuare a provocare il crollo della lira turca, alimentando un'inflzione già schizzata in alto. Questo potrebbe essere il problema principale di Erdogan per i prossimi anni.

Il primo banco di prova internazionale per Erdogan sarà il vertice della Nato a Vilnius, dove gli verrà chiesto di togliere il veto della Turchia all'adesione della Svezia alla Nato. Ha già tolto il blocco all'adesione della Finlandia, ma ha lasciato la Svezia nel limbo e in una zona grigia potenzialmente pericolosa.

La Svezia, che ha una popolazione curda più numerosa della Finlandia, dice che sta lottando per razionalizzare alcune delle richieste di Erdoğan, tra cui l'estradizione di 140 curdi, i cui nomi non sono mai stati trasmessi definitivamente al governo svedese. Stoccolma sta inasprendo le sue leggi antiterrorismo per compiacere Ankara ed è disposta a studiare le prove che la comunità curda in Svezia è diventata un'importante fonte di finanziamento per il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), che è classificato come organizzazione terroristica dall'UE e dalla Turchia. Ma il governo svedese di destra non può ordinare ai suoi giudici di estradare i curdi.

I funzionari fingono che l'adesione della Svezia alla Nato sia una questione a sé stante, ma in pratica la maggior parte di loro la vede legata al blocco delle vendite di armi degli Stati Uniti alla Turchia, per non parlare dello status futuro della batteria di missili S-400 acquistati da Ankara dalla Russia.

Erdogan serve troppo a Biden a Nato per finire nel mirino. Nonostante i rapporti stretti con Putin

Joe Biden, nonostante abbia definito Erdogan un autocrate, è disposto a rimuovere il blocco, ad approvare la vendita di jet F16 per 20 miliardi di dollari e ad aprire un nuovo capitolo con la Turchia. Ankara non ha nessuna intenzione di imporre sanzioni alla Russia e Washington non è disposta a imporre sanzioni secondarie alla Turchia, temendo di spingere Erdogan nelle braccia di Putin.

Ma sui migranti la vittoria di Erdogan potrebbe essere vista pragmaticamente come una buona notizia dall'Europa. Il Sultano sembra più credibile degli sfidanti quando dice di avere un piano per riportare oltre il confine un milione di siriani nel nord della Turchia. I suoi legami con Putin, e quindi con il presidente siriano Bashir al-Assad, rendono questo piano il più plausibile dei due.

La vittoria è stata recepita in maniera positiva un po' da tutti, Europa compresa. "Francia e Turchia affrontano insieme sfide immense", scrive su Twitter il presidente francese Emmanuel Macron congratulandosi con Erdogan per la sua rielezione. Sulla stessa linea Giorgia Meloni:  "Congratulazioni al Presidente Erdogan per la sua vittoria elettorale. Italia e Turchia sono alleate e condividono importanti responsabilità nel Mediterraneo e nel mondo. Insieme possiamo fare di più per i nostri popoli e la crescita e la stabilità globale".

Sembra quasi di sollievo la frase di Ursula von der Leyen: "Mi congratulo con Erdogan che ha vinto le elezioni", twitta la presidente della Commissione Europea. "Non vedo l'ora di continuare a costruire le relazioni UE-Turchia. È di importanza strategica sia per l'UE che per la Turchia adoperarsi per far progredire questa relazione, a beneficio del nostro popolo". Già, perché con Erdogan in sella l'Ue ha la scusa perfetta per non riaprire lo scottante capitolo dei negoziati di adesione di Ankara. 

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