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Esteri
Elezioni Uk, gli anti-Ue a rischio estinzione. Dalla Brexit al declino

Ascesa, declino e scomparsa dello United Kingdom Indipendence party, che trascino' il Regno Unito fuori dall'Europa e poi spari'. E' una strana storia quella dell'Ukip, il partito populista britannico che un anno fa ha cavalcato trionfalmente l'addio di Londra all'Unione europea prima di dissolversi. L'Ukip rappresenta uno dei casi piu' clamorosi e controversi della politica britannica e forse europea, degli ultimi anni: un movimento politico-ideologico che ottiene un successo elettorale storico cui segue una crisi profonda e che oggi, a pochi giorni dal voto dell'8 giugno con i sondaggi che gli attribuiscono meno del 5% delle intenzioni di voto dei cittadini britannici, rischia l'estinzione. 

L'Ukip - come scrive l'agenzia Agi - nasce nel 1993, per intuizione di un professore di storia della London School of Economics, Alan Sked, che intende lanciare un movimento "democratico e libertario" di rottura nel panorama tradizionale dei partiti britannici. La prima prova elettorale e' un disastro: alle elezioni suppletive del 1997 per la Camera dei Comuni, ottiene solo 39 voti. Sked lascia dopo uno scontro con Nigel Farage, che ne diventa il leader e solo due anni dopo porta il movimento alla conquista di tre seggi al Parlamento europeo. La tendenza e' lenta in patria, dove alle elezioni generali del 2001, l'Ukip non riesce a portare a Westminster nemmeno un deputato, ma riprende a Strasburgo nel 2004, con la candidatura del volto noto della tv Robert Kilroy-Silk: l'Ukip ottiene 12 seggi. I conservatori inizano a fiutare il pericolo, la crescente retorica populista degli uomini di Farage fa presa nel loro elettorato. E l'ascesa continua. 

Farage sfida David Cameron sull'Europa, chiede un referendum sul Trattato di Lisbona, inizia a dialogare con il Tea Party americano, la destra dei Repubblicani Usa. Il consenso nei sondaggi cresce, e anche i voti. L'Ukip rosicchia a destra e a sinistra. Tra il 2007 e il 2013, passa dall'1% al 12% nelle intenzioni di voto dei cittadini britannici. E nel 2014 batte Tories e Labour alle elezioni europee, ottenendo il 27 per cento. Alle ultime elezioni del 2015, incassa quasi quattro milioni di voti, ma il sistema ultra-maggioritario in vigore nel Regno Unito gli consegna solo un deputato. Un mix di protesta contro la politica tradizionale, antieuropeismo, retorica anti immigrazione (l'ascesa inizia, e non e' un caso, nel 2004 anno in cui la Ue si allarga a otto paesi dell'Est), crisi economica, una generica e confusa rivolta anti-establishment trascinano il partito di Farage sempre piu' in alto, fino all'apogeo del referendum del 23 giugno, quando 17 milioni e mezzo di cittadini britannici scelgono l'opzione 'Leave' e decidono che Londra deve abbandonare l'Unione europea. 

Lo schock e' fortissimo, Cameron si dimette, le cancellerie europee sono in subbuglio. Il timore e' che Brexit sia il primo soffio del vento populista che si abbattera' sull'Europa, la prima crepa nella diga. Ma proprio dopo quel momento di travolgente successo accade l'impensabile: in poco tempo, dopo il referendum di giugno, l'Ukip passa dal trionfo alla disfatta. In soli nove mesi crolla nei sondaggi e passa dal 15% di un anno fa a meno del 5%. Oltre la meta' dei suoi elettori, secondo gli istituti demoscopici, l'8 giugno votera' per i Conservatori. Secondo i sondaggisti, l'Ukip pur avendo un elettorato potenziale del 20-25%, di fatto scomparira' dai radar. Il leader del partito, Nigel Farage, si dimette subito dopo Brexit dalla guida del movimento. L'unico deputato ai Comuni, Douglas Carswell, lascia. Il principale finanziatore, Arron Banks, chiude la cassaforte e punta alla creazione di una sorta di movimento on line sul modello Cinque Stelle. Nessuno paga piu' l'affitto del quartier generale di Londra e l'Ukip riceve ormai meno donazioni del British National party, il partito di estrema destra. Alle elezioni locali del 5 maggio scorso, dei 145 candidati dell'Ukip, nemmeno uno e' stato eletto.

Le divisioni e le fratture sono emerse in maniera violenta, e l'organigramma dell'Ukip, scrive il Financial Times citando un alto dirigente del partito, "assomiglia alla mappa della Siria". Il successore di Farage, figura di secondo piano all'Europarlamento, Diane James, lascia dopo soli 18 giorni in carica. Nathan Gill, leader del partito in Galles, poco tempo dopo passa con il gruppo degli indipendenti. Insomma, una disfatta su tutta la linea, organizzativa, elettorale, politica. L'ultima campagna guidata dall'attuale numero uno, Paul Nuttall, e' stata disastrosa. A febbraio, alle elezioni suppletive di Stoke, uno dei collegi piu' pro-Brexit dell'intero paese dove l'Ukip era diventato secondo partito nel 2015, la sconfitta e' stata netta. "Se non abbiamo vinto li', non possiamo vincere da nessuna parte", ha detto uno dei maggiorenti del partito. I problemi strutturali legati all'organizzazione di un partito acefalo hanno fatto il resto. Una delle ragioni del declino dell'Ukip, forse il principale, sta nella figura ambigua del suo leader. Farage ha guidato il partito come se fosse una monarchia assoluta, ha detto Patrick O'Flynn, ex giornalista diventato membro dell'Ukip. 

Ma una monarchia senza successori. Farage ha concentrato l'intero armamentario simbolico e politico del movimento nella battaglia contro l'Europa e per la 'liberazione' di Londra dai burocrati di Bruxelles, ma la sorprendente vittoria ha di fatto svuotato il partito della sua funzione ideologica e perfino storica. "Siamo come i tacchini che hanno votato per il Natale", ha ammesso lo stesso Farage all'indomani di Brexit. Nuttall ha cercato di delineare una nuova direzione politica, concentrandosi sulle paure anti immigrati, dal divieto del velo nei luoghi pubblici alla moratoria sulla costruzione di moschee in Gran Bretagna. Ma l'appeal della battaglia anti-europeista e' svanito, l'ondata populista che dopo Brexit ha fatto correre un brivido sulla schiena dei governi europei sembra essersi arrestata dopo il voto in Olanda e soprattutto in Francia. Nessun partito ha esercitato tanta influenza nella politica britannica "dai tempi dei nazionalisti irlandesi prima del 1914", ha detto al Ft Vernon Bogdanor, professore al King's College di Londra, riferendosi a Brexit. Ma del partito che ha trascinato di peso la Gran Bretagna fuori dall'Europa, cambiando il corso della storia, non resta che qualche avanzo. Come i tacchini, dopo il Natale. 

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