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Esteri
Libia, Italia ed Isis: una guerra nascosta. L'analisi

Di Giuseppe Vatinno

Scopriamo, ma la cosa era plausibile dati gli antecedenti, che l'Italia è impegnata da tempo in Libia, in attività di supporto all'esercito del primo ministro Fayez Serraj con forze militari che non hanno un ruolo di combattimento diretto (ufficialmente) ma si occupano di logistica, sminamento, aiuti umanitari di supporto (appunto militare) alle azioni dei Servizi.

Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni continua a negare che l'Italia sia impegnata in combattimenti diretti ma è sostanzialmente smentito proprio dai libici che fanno intendere diversamente e che comunque stanno cercando di "tirare dentro" il nostro Paese. Il ministro Gentiloni, evidentemente preoccupato dalla richiesta di maggiore impegno fatta da Serraj parla, un po' ingenuamente, anche di "collaborazione culturale" (con particolare riferimento ai siti archeologici), francamente un po' difficile da immaginare in un Paese come la Libia che oltretutto neppure ha ritrovato ancora una unità territoriale e politica interna divisa com'è tra Tripoli e Tobruk.

Tra l'altro, il governo di Tobruk, non riconosciuto dall' Onu lo è però dalla Francia che ha tutto l'interesse a controllare il petrolio libico tramite le azioni del generale Khalifa Haftar, vicino all' Egitto e quindi ostile doppiamente all'Italia che deve difendere Tripoli e l'influenza dell'Eni.

Del resto questo tipo di vicende si giocano tutte sul filo dell'ambiguità: dove finisce un tipo di missione e dove comincia l'altra? Chi decide di cosa si tratta? Come si può escludere che le regole di ingaggio vengano sistematicamente eluse per difesa?

Il governo intanto ha nominato un nuovo ambasciatore a Tripoli (l'ambasciata era chiusa dal 2015) e tutto fa presupporre che sia iniziata una nuova fase dei rapporti dell'Italia con la Libia, che come ex -colonia ha sempre intrattenuto rapporti commerciali privilegiati con il nostro Paese.

Inoltre, gli Stati Uniti già utilizzano le basi in Sicilia per bombardare Sirte roccaforte dell'Isis; l'impressione che si ha è che come per altre guerre come quella in Serbia il governo cerchi di evitare di passare per il Parlamento e affidi tutto ai servizi segreti militari, l'AISE, guidati dal generale Alberto Manenti, nato in Libia e che parla correntemente l'arabo, un particolare da non sottovalutare.

Sembra che il Copasir, il Comitato parlamentare di controllo sui Servizi, sia stato informato solo due settimane fa e Gentiloni dice di "non voler commentare operazioni per loro natura riservata".

Quanto sta avvenendo deve essere ben ponderato tra vantaggi (ad esempio l' "aiuto" all'Eni) e svantaggi (inutile esposizione) perché la posta in gioco è molto elevata e l'Italia non deve essere coinvolta, come lo fu con Gheddafi, in guerre volute da altri (in quella occasione il presidente francese Sarkozy); gli americani hanno tentato più volte di coinvolgere direttamente l'Italia e Renzi era riuscito sempre a defilarsi; questa volta no.

Le forze di Tripoli, aiutate dagli Usa, (e da UK e Italia) stanno per riconquistare Sirte dopo che è caduta la roccaforte di Ouagadougou (base di Gheddafi).

L'Isis sta già facendo girare filmati con Mattarella e Renzi con l'accusa di essere "crociati" e fa riferimenti espliciti al passato fascista in Libia e al generale Graziani; inoltre l'Isis sta cercando di concentrare sempre più la sua offensiva mediatica sul Vaticano e quindi cerca di spostare il piano d'azione sulla guerra di religione che può aver facile presa sui migranti e non più o meno radicalizzati.

infografica scenario attacchi libia
 
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