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Esteri
Semiconduttori, Draghi "sveglia" l'Ue. Ma il ritardo con l'Asia è drammatico

Per riuscirci, però, servono più degli annunci. Sì, perché mentre Italia ed Europa dibattono, gli altri mettono sul piatto tanti, tantissimi soldi. Negli UsaBiden ha predisposto un piano di investimenti nel settore tecnologico da 250 miliardi, oltre un quinto dei quali dedicati allo sviluppo dell'industria dei semiconduttori. Non tanto quanto la Corea del Sud, che intende mettere sul piatto 450 miliardi. Più del Giappone, che dal 1990 ha visto la sua quota di mercato precipitare dal 50 al 10%. Tokyo ha approntato una task force sull'argomento, con il coinvolgimento diretto niente meno che dell'ex premier Shinzo Abe. Poi, come sempre, c'è la Cina che gioca con una quantità diversa di fondi a disposizione. Nel piano quinquennale 2021-2025, Pechino ha stanziato 1,4 trilioni sulle industrie strategiche, compresa quella dei semiconduttori. Sul suo territorio ha oltre 90 nuovi stabilimenti pianificati o già entrati in funzione. Il timore degli operatori è che in dieci anni, grazie alle sovvenzioni del governo, le aziende cinesi possano scombussolare il mercato mondiale producendo sotto costo e sconvolgendo la domanda.

Per questo l'Europa dovrebbe, anzi deve, fare in fretta. Molto in fretta. "L'Unione europea deve mettere insieme le capacità di ricerca, progettazione, sperimentazione e produzione di tutti i Paesi europei per creare, ad esempio, un ecosistema europeo di microchip all'avanguardia. Sosteniamo con convinzione la proposta della Commissione Ue di adottare uno European Chips Act per coordinare investimenti e produzione europei di microchip e circuiti integrati. Dobbiamo inoltre agire con la massima urgenza per rafforzare la cooperazione tra pubblico e privato e attrarre investimenti alla frontiera tecnologica", ha dichiarato Draghi.

A dicembre 2020 l'Unione europea ha approvato un piano di sviluppo digitale che prevede di incrementare nettamente gli investimenti in semiconduttori e arrivare a produrre in-house il 20% (dall'attuale 10%)  della produzione totale mondiale, nonché abbassare a 2 nanometri la dimensione dei semiconduttori prodotti. Anche qui, l'obiettivo è cercare di diventare almeno in parte autosufficienti e mettersi al riparo dalle tempeste geopolitiche causate dalla sfida in atto a colpi di semiconduttori e nanometri. Ma ancora non è abbastanza. Bisogna passare all'azione, anche perché la dipendenza eccessiva dall'Asia sta avendo risultati negativi adesso. In Francia, per esempio, Renault ha appena annunciato che produrrà almeno 300.000 veicoli in meno quest'anno a causa della carenza di semiconduttori a livello globale: una cifra di gran lunga superiore rispetto alle stime precedenti visto che a settembre prevedeva 220 mila veicoli prodotti in meno. Stessa cosa accaduta, pur con numeri diversi, a molte altre case automobilistiche.

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