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Esteri
Taiwan, in caso di guerra tempesta sull'economia globale tra chip e inflazione

Gli effetti sull'economia di una possibile guerra su Taiwan

Molto peggio dell'Ucraina. Questo è il ritornello che si sente su Taiwan, nel caso alla fine le tensioni di queste settimane porteranno a un'invasione cinese. Gli effetti sull'economia globale potrebbero essere devastanti con una totale disruption nelle catene di approvvigionamento e indebolirebbe la crescita in tutto il mondo. L'impatto finale dipenderebbe dalla durata e dalla gravità del conflitto e dalle sanzioni e contro-sanzioni che ne derivano. Ma anche solo un blocco navale paralizzerebbe le catene di approvvigionamento globali e farebbe aumentare i prezzi delle merci in Asia e potenzialmente anche al di fuori di essa, a causa dell'enorme ruolo che l'isola, che conta circa 23 milioni di abitanti, svolge negli affari globali.

Basti pensare che Taiwan rappresenta circa il 70% della fornitura mondiale di microchip. È una parte importante della catena di produzione di beni come smartphone, computer e automobili. E si trova vicino alle rotte marittime del Pacifico che convogliano trilioni di dollari di scambi commerciali in entrata e in uscita dall'Asia orientale. Gli assicuratori hanno recentemente dichiarato di essere riluttanti a vendere assicurazioni che coprano l'eventualità di perdite derivanti da un conflitto legato a Taiwan finché le tensioni non si saranno calmate. Le tariffe a breve termine per l'invio di merci sulle rotte marittime tra Taiwan e la Cina continentale sono aumentate dell'11% all'inizio di agosto rispetto a luglio.

Al centro c'è proprio il ruolo dei semiconduttori. Tanto per intenderci, i primi due competitor del colosso locale Tsmc sono la sudcoreana Samsung Electronics con il 17,3% e l'altra taiwanese Umc con il 7,2%. Stati Uniti e Cina sono solo al quarto e quinto posto con Globalfoundries (6,1%) e Smic (5,3%). Circa due miliardi e mezzo di persone utilizzano ogni giorno prodotti contenenti semiconduttori prodotti da Tsmc. Tutto il mondo se n'è accorto durante la crisi per la carenza dei microchip avviata durante la pandemia. 

Secondo un rapporto del 2021 del Boston Consulting Group e della Semiconductor Industry Association, un'interruzione di un anno della catena di fornitura di chip di Taiwan potrebbe costare alle aziende elettroniche mondiali circa 490 miliardi di dollari di perdite. Se la produzione di chip taiwanesi dovesse subire un'interruzione permanente, ci vorrebbero almeno tre anni e 350 miliardi di dollari per costruire capacità produttive altrove in grado di compensarle, secondo il rapporto.

Eppure, Xi Jinping per ora tentenna sulla possibilità di lanciare una vera trade war. Nel 2021, nonostante le tensioni si è raggiunto il record storico dell’interscambio Pechino-Taipei, con una bilancia commerciale nettamente a favore di quest’ultima. Non succede di frequente con Pechino. Se per Taiwan il mercato cinese conta a livello quantitativo, per la Repubblica Popolare quello taiwanese conta soprattutto a livello qualitativo. Per questo, almeno per ora, il Partito comunista non sta colpendo duro sul fronte economico. In particolare sul settore tecnologico. Ma se le tensioni si elevassero ancora, le conseguenze potrebbero essere devastanti.

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