Sono almeno settecento i sospetti militanti islamisti che si trovano detenuti in Pakistan senza che a loro carico siano mai state sollevate accuse formali: lo ha riconosciuto il procuratore generale Irfan Qadir nel corso di un'audizione davanti alla Corte Suprema. Qadir ha ricordato che una simile procedura e' pur sempre autorizzata da una legge dello Stato in materia. Poche settimane fa Amnesty International l'aveva aspramente criticata, denunciando come "fornisca un quadro in cui estese violazioni dei diritti umani possono essere perpetrate nell'impunita'", in particolare dalle Forze Armate.
E' la prima volta in cui nel Paese asiatico un dignitario di grado cosi' elevato ammette un numero tanto altro di prigionieri privi di fatto di qualsiasi tutela. "C'e' un'operazione militare in corso nmel Waziristan", ha spiegato il procuratore, riferendosi a due delle remote aree tribali semi-autonome diventate veri e propri santuari per il jihadismo. "In base alla legge non ci e' possibile processare quelle settecento persone, ma neppure rilasciarle, finche' l'operazione stessa non sara' conclusa".
La Corte Suprema aveva convocato Qadir nell'ambito di un'inchiesta sulla vicenda di sette presunti jihadisti, in carcere dal maggio 2010 senza che alcun addebito sia mai stato contestato loro. Nel febbraio 2012 i sette apparvero in aula, e risultarono in condizioni fisiche pietose: alcuni quasi non erano in grado di camminare.