Usa, Trump: "Ho condiviso informazioni con Mosca"
Trump ammette. "E' mio diritto farlo"
"Come presidente volevo condividere con la Russia (in un incontro alla Casa Bianca programmato ufficialmente), cosa che ho assolutamente il diritto di fare, alcuni fatti relativi al terrorismo e alla sicurezza dei voli aerei. Per ragioni umanitarie, inoltre, voglio che la Russia faccia grandi passi avanti nella sua lotta contro l'Isis e il terrorismo". Lo ha scritto il presidente degli Stati Uniti Donald Trump in due tweet, rispondendo alle accuse formulate da un articolo del Washington Post, secondo cui Trump avrebbe rivelato segreti dell'intelligence al ministro degli Esteri russo Lavrov nel corso di un incontro alla Casa Bianca, in particolare dettagli riguardanti un presunto piano dei jihadisti dello Stato Islamico di usare computer portatili sui voli di linea, e la città dove l'informazione sarebbe stata raccolta.
I TWEET DI DONALD TRUMP
Donald J. Trump
@realDonaldTrump
As President I wanted to share with Russia (at an openly scheduled W.H. meeting) which I have the absolute right to do, facts pertaining....
13:03 - 16 May 2017
Donald J. Trump
@realDonaldTrump
...to terrorism and airline flight safety. Humanitarian reasons, plus I want Russia to greatly step up their fight against ISIS & terrorism.
13:13 - 16 May 2017
Da Mosca, il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov: "Non ci compete, non vogliamo avere niente a che fare con questa fesseria", le "voci" secondo cui Donald Trump avrebbe condiviso con Lavrov informazioni segrete sulla Siria, riporta l'agenzia Tass. "E' una completa fesseria, qualcosa che non si può né confermare né smentire". Prima che Trump intervenisse in prima persona, sull'ondata di critiche piovutagli addosso anche dal campo repubblicano, il segretario di Stato Rex Tillerson e consigliere alla Sicurezza nazionale H.R.
McMaster avevano diffuso comunicati per smontare l'articolo del WP, affermando che nessuna fonte, metodo o operazione militare è stata oggetto di discussione durante l'incontro con Lavrov. McMaster ha definito "falsa" la storia raccontata dal Washington Post.