Di Concetta Lombardo
Lo sapevate che il cotone convenzionale con cui sono prodotti i vostri indumenti è inquinante ma che anche quelli prodotti con il bambù con metodo tradizionale non sono da meno? Lo sapevate che nonostante si dica che i filati in bambù siano “green” in realtà non è vero, visto che l’industria impiega sostanze altamente tossiche per l’ambiente come l’idrossido di sodio? E lo sapevate che esiste una nuova metodica di trattamento del Phyllostachys heterocycla pubescens, comunemente noto come Bambù moso, che permette invece di minimizzare l’impatto ambientale di questa fibra? Una buona notizia in un settore, quello appunto dei filati, che è responsabile di un grande consumo d’acqua ogni anno e di una scarsa attenzione, soprattutto nei mercati emergenti, alle esigenze dell’ambiente. Senza contare che le condizioni in cui i lavoratori dei paesi in via di sviluppo sono costretti ad operare può produrre drammatiche situazioni come quella del Bangladesh, costata la vita a oltre 1000 persone.
In che cosa consiste la nuova metodica per filare il bambù? Per favorire la frantumazione delle parti legnose della pianta vengono impiegati enzimi naturali, un metodo ecologico analogo a quello impiegato per l’estrazione di fibre tessili da lino e canapa. In altri casi, invece, vengono utilizzate sostanze chimiche, ma i processi avvengono a circuito chiuso, in modo che il 99,5% delle sostanze non vada disperso e possa venire riutilizzato per la successiva lavorazione. Per questo, nonostante si possa avvalere dell’ausilio di sostanze chimiche, questa metodica viene considerata totalmente ecologica e sostenibile.
Perché utilizzare il bambù? Intanto, per la sua rapidità di crescita, che avviene senza erbicidi o fertilizzanti; poi perché le sue radici compattano il terreno. Quindi, perché riduce i gas serra e perché assorbe cinque volte la quantità di anidride carbonica e produce il 35% in più di ossigeno di un albero. I capi di abbigliamento in bambù (anche quelli fabbricati in modo convenzionale) sono al 100% biodegradabili. E, infine, al momento non sono noti organismi geneticamente modificati (OGM) varianti del bambù.
In Italia una delle poche realtà che si occupa di offrire prodotti ottenuti unicamente dalla filatura di prodotti ecologici (cotone organico, bambù sostenibile) è LeCalzeNatura, una realtà nata nel 2006 da un’idea di Mina Volpe, che, insoddisfatta dal proprio lavoro di sempre, ha deciso di lanciarsi in questa nuova avventura. E i risultati non hanno tardato ad arrivare: da una piccola linea di calze si è passati in poco tempo a una collezione di oltre settanta modelli, offerti ai GAS (Gruppi di Acquisto Solidale), ai clienti privati e ai negozi specializzati.